Il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha richiesto ad Almaviva di sospendere i trasferimenti dei lavoratori che lavorano presso la sede di Milano. Mentre la società di call center decide di accettare l’appello del governo e preleva le misure che obbligavano 65 lavoratori a muoversi in Calabria in vista di un incontro al Mise. Nel mentre, Calenda, dichiara che “si augura che l’Azienda non proceda con il trasferimento in Calabria di 65 lavoratori che si configurerebbe come un licenziamento seppure mascherato” , hanno indicato fonti del Mise, dichiarando che “nelle prossime ore un incontro al ministero per cercare soluzioni alternative per i lavoratori del call center che l’11 ottobre hanno ricevuto una lettera di Almaviva in cui veniva comunicato il trasferimento dalla sede di Milano alla struttura calabrese di Rende (Cosenza)”. Almaviva accoglie oggi con responsabilità l’appello del Governo a sospendere le misure finora prese, in attesa dell’incontro in sede ministeriale, previsto nei prossimi giorni per la necessaria chiarificazione di un’ intesa che garantisca l’indispensabile equilibrio del sito produttivo, che viene fissato come effettivo dal 3 novembre. Sono in protesta i sindacati che denunciano i trasferimenti come “rappresaglia dell’azienda dopo la bocciatura di un accordo sulle condizioni di lavoro”. Il presidente di Almaviva Contact, Andrea Antonelli, replica ai segretari generali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, che in una nota hanno sostenuto che il gruppo conduce pratiche di dumping, con accordi in deroga al contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni, infatti Antonelli dichiara: “Ricevo con stupore, considerandola al contempo inaccettabile, una richiesta di incontro accompagnata dall’ accusa, rivolta alla mia azienda, di condurre dumping nei confronti degli altri operatori e di operare al di fuori del Ccnl Almaviva Contact è azienda che unica negli anni, come voi stessi avete più volte e pubblicamente riconosciuto, ha voluto testardamente difendere nell’indifferenza dei più l’occupazione in Italia, chiedendo il rispetto e l’applicazione di leggi vigenti. E l’accusa che ci indirizzate risulta ancora più inaccettabile provenendo da organizzazioni sindacali che per anni hanno semplicemente assistito ad una completa destrutturazione del mercato, nonostante i formali e ripetuti allarmi che proprio da questa azienda venivano rivolti, e sottoscritto accordi ben più pesanti per i lavoratori, con soggetti che spesso ricorrevano a contestuali delocalizzazioni al di fuori del territorio italiano ed europeo”.