L’anniversario della morte di don Peppe Diana è stata l’occasione per portare la Presidente della Commissione Antimafia fuori dalle mura dei Palazzi, tra la gente che la mafia o la camorra, le subisce sulla propria pelle, tra la gente che fa i conti ogni giorno con le proprie paure, tra la gente che soffre. Cosi, dopo essersi recata in mattinata a Casale di Principe e aver deposto una corona di fiori sulla tomba di don Diana con il Procuratore antimafia Franco Roberti, l’onorevole Rosy Bindi, ha proseguito verso Ercolano, verso radio Siani, radio che da sempre si occupa di legalità e che ha sede in un bene confiscato alla camorra. Già durante la mattinata l’emittente aveva realizzato un collegamento in diretta con la marcia di Casal di Principe e aveva trasmesso un’intervista con Alessandro Marrese, legale della famiglia di Don Peppe Diana e di Augusto Di Meo, unico testimone oculare dell’uccisione del parroco anticamorra.
Proprio a partire dalla vicenda del Di Meo, Rosy Bindi dai microfoni di Radio Siani affronta l’argomento dei testimoni di giustizia, tema che, dice, ha tutta l’attenzione della Commissione a causa delle pressanti richieste di molti di loro che si sentono abbandonati e non adeguatamente capiti ed accompagnati nella loro situazione personale. La presidente Bindi ribadisce che ogni testimone “ha bisogno di essere accolto nella sua singolarità”. C’è molto da fare, il problema non e` di risorse, visto che ci si ritrova di fronte a piccoli numeri rispetto alla vastità della problematica e alla grandezza del contributo di queste persone alla vita del paese. Si tratta davvero di personalizzare la presa in carico. La vita di un testimone e` stata sconvolta, e va ricostruita, bisognerebbe sentire ognuno di loro ed interloquire con il Ministero degli Interni per poter dar loro una risposta personalizzata e non lasciarli in una zona grigia. Molti non possono neanche essere definiti singoli testimoni di un caso ma testimoni di una realtà, di un contesto dal quale vorrebbero uscire, che necessitano di un accompagnamento. Queste persone possono essere preziosissime, è quindi necessario individuare una legislazione che le aiuti a uscire dal limbo in cui si trovano oggi.
A proposito di zone grigie, l’onorevole Bindi ritiene che oggi più che mai bisogna rispondere alla domanda di Don Diana “da che parte stai?” Bisogna affrontare con coraggio il tema della lotta alle mafie. Come dice Don Ciotti «la legalità sostenibile non è più sufficiente.»
La Bindy poi si sofferma sull’evoluzione delle mafie, che oggi non si limitano più ad utilizzare le pistole ma usano la corruzione, creano convenienze. Il Nord, ad esempio, dove gli imprenditori sono stretti dalla mancanza di credito, diventa la zona più grande di riciclaggio di denaro sporco del nostro Paese. Il legislatore che non interviene per contrastare questi fenomeni diviene collaboratore dei poteri mafiosi. Bisogna tener presente il nuovo metodo di agire delle mafie, che è quello di usare tutti i reati finanziari possibili per inserirsi poi nell’economia legale. E’ difficile combattere l’omertà da convenienza più di quella da paura. Bisogna creare una collaborazione con tutto il sistema bancario italiano. In questo momento di crisi economica l’illegalità rischia di essere il colpo di grazia per il nostro paese.
Invitata poi a parlare del ruolo della politica per la lotta alle mafie, Rosy Bindi esprime con chiarezza le proprie idee al riguardo.
«Il potere mafioso» spiega «si basa sul consenso, e per questo la politica ha nella lotta alle mafie una duplice responsabilità. Primo nelle possibili complicità.» A tal proposito, la presidente della Commissione Antimafia rivolge, in occasione delle prossime elezioni amministrative, un appello ai partiti, affinché stiano attenti alla composizione delle liste. Chi vince le elezioni deve essere libero di amministrare, lo strumento dello scioglimento dei Comuni non e` uno strumento sufficiente, il migliore dei prefetti non potrà mai sostituirsi alla politica e ai partiti.
L’altro ruolo della politica, quello più importante, è rispondere ai bisogni dei cittadini. Dove non c’è assistenza, non c’è sicurezza, c’è la mafia. Se la mafia riceve consenso è perché lo Stato non ha soddisfatto questi bisogni. In questo modo la mafia diventa antistato e si sostituisce allo “Stato cattivo”.
Rosy Bindi continua poi a parlare della questione meridionale, della crisi economica, della disoccupazione, e di come questi fenomeni diventino terreno fertile per le mafie. Discute inoltre dell’utilizzo dei beni confiscati, beni che hanno bisogno per essere gestiti di una vera e propria capacità imprenditoriale, e delle difficoltà che questa materia comporta.
La presidente Bindi, dopo la sosta ad Ercolano, prosegue il suo viaggio verso la Calabria, testimoniando così l’attenzione che intende dedicare al sud, in special modo ai luoghi dove la presenza della criminalità organizzata incide ogni giorno nella vita delle persone. Auspichiamo che questa volontà si tramuti presto in atti concreti, che sappiano dare risposte troppo a lungo disattese da uno Stato che ha lasciato per troppo tempo i cittadini a combattere da soli. Solo così la morte di don Peppe Diana, come quella di tante altre vittime innocenti, avrà finalmente un senso.