Orgoglio Pd ma anche un’apertura a sinistra che arriva il giorno dopo la ricucitura con il premier Paolo Gentiloni. Matteo Renzi chiude così la due giorni di conferenza programmatica Dem a Portici. Sottolineando anche che se ci sarà la fiducia sullo ius soli il Pd la voterà convintamente. Da sinistra arriva però un nuovo attacco. Roberto Speranza lo definisce, infatti, “un disco rotto”.
“Lo ius soli è una proposta del Pd da sempre e se ci sarà la fiducia il Pd la voterà convintamente. La decisione se metterla o no è nelle mani del presidente del Consiglio e siamo dalla parte del presidente del Consiglio”, dice parlando dal treno del Pd.
“Non si possono mettere veti – aveva detto poche ore prima a proposito del tema delle alleanze – sulle realtà che vengono dal centro. E non possiamo permetterci veti alla nostra sinistra: se qualcuno pensa che fuori dal Pd sia più facile difendere gli ideali della sinistra, rispondiamo che senza Pd, fuori dal Pd, non c’è la rivoluzione socialista ma Di Maio. Se però – scandisce – c’è disponibilità a centro e sinistra di creare strutture e aprire ragionamento sui contenuti ci siamo. Ma non rinunciamo alle nostre idee”. “La legge elettorale che il Parlamento ha approvato impone le coalizioni. Io condivido il discorso di Gentiloni: il Pd deve essere il perno del prossimo governo”. “Io i veti non li metto e chiedo al Pd di non metterli nei confronti di nessuno, di superare gli insulti che abbiamo ricevuto perché non si vive di risentimenti o di rancore. Siamo in totale e trasparente disponibilità. Ma per le prossime elezioni sono più importanti i voti dei veti”.
IERI L’ABBRACCIO CON IL PREMIER PAOLO GENTILONI
“Siamo una squadra: il problema non è chi di noi sarà al governo ma se ci saremo noi o ci saranno gli altri”, dice Renzi. “L’unica cosa ce mi interessa è riportare il Pd al governo del Paese”, aggiunge.
“Rivendicare i risultati è un nostro dovere: il Paese non è ripartito per caso. Nel 2014 – ha detto l’ex premier in un altro passaggio – c’era chi voleva portare il Paese fuori dall’euro e chi lo ha portato fuori dalla crisi. Chi lo ha fatto si chiama Partito democratico, non altri. Dirlo non è arroganza ma consapevolezza di quel che abbiamo fatto. A chi ogni giorno dice di dimenticarcene rispondo: partiamo dall’orgoglio di ciò che siamo altrimenti non siamo seri verso la politica”.
“Siamo in una stazione, Paolo ieri ha detto che abbiamo una passione per le stazioni, perché o c’è il viaggio o non c’è futuro. Chi pensa di fermarsi una volta per sempre nelle sue certezze è finito. Il viaggio del treno del Pd che costa tanta fatica, è innanzitutto metterci noi in viaggio fuori dalle nostre certezze. Metterci in discussione”. “Noi siamo il Pd, non una società privata che ha una consulenza con qualche leader, non siamo un partito di plastica, andiamo tra la gente, anche a costo di prendere qualche insulto”. “Noi non abbiamo paura, a dispetto di chi organizza le contestazioni, di andare al fondo del dolore delle nostre comunità”, aggiunge. “Incontriamo i precari, i vigili del fuoco che ci aspettano in ogni stazione… E’ vero che ci sono oltre 900mila “, aggiunge il segretario Dem.
Renzi attacca il centrodestra. “Parlano di flat tax – sottolinea – ma poi le tasse le riduciamo noi, loro le aumentano, noi le riduciamo”. “Berlusconi si è ripresentato sulla scena dicendo che abbasserà le tasse. Il milione di posti di lavoro non l’ha potuto dire perché l’abbiam fatto noi, l’Imu l’abbiam fatta noi. Ha detto il bollo sulla prima auto perché non ne aveva altre”, aggiunge. E ancora: “Lega ladrona. Loro sono diversi solo quando non scendono a valle. Perché quando scendono a valle rubano più degli altri”.
E i populismi. “L’Europa non ha futuro senza dimensione politica. Sì che vogliamo più Europa, ma non l’Europa della tecnocrazia e della burocrazia soltanto. C’è una frizione e una tensione costante in Europa. Porre questi temi non è da populisti ma da quelli che vogliono sconfiggere i populisti sennò vincono gli altri”. “Vogliono obbligarci – dice ancora – a credere a una tecnocrazia senz’anima. Ma c’è una diversità profonda tra le politiche che possiamo fare noi e quelle che possono fare gli altri”. Lo dice Matteo Renzi chiudendo la conferenza programmatica del Pd. “Senza la politica come minimo c’è l’impasse”, sottolinea.
Un passaggio anche sulla questione delle banche. “L’unica cosa che abbiamo salvato sono stati i conti corrente dei cittadini, dei risparmiatori, insistere nel dirlo è innanzitutto un elemento di libertà personale, un passo personale di forza. Non abbiamo scheletri nell’armadio, non abbiamo niente da temere. Ma i commentatori sembrano ignorare l’intreccio perverso che c’è stato per 15 anni in Italia tra interessi aziendali, editoriali, dinamiche politiche con la vigilanza bancaria. Dirlo non è populismo ma è politica”.
E sull’uscita del presidente del Senato Pietro Grasso. “Ho vissuto con dolore – ha detto Renzi – il fatto che il presidente del Senato abbia lasciato la tessera del Pd e mi dispiace, non dobbiamo fare polemiche con la seconda carica dello Stato. Ma non possiamo accettare che si dica che la fiducia è un atto di violenza: non lo è stato, un atto di violenza”. “No a un vocabolario da ultrà: non è violenta la fiducia, non è vigliacco chi non la pensa come te, non è eversiva una mozione parlamentare approvata con il parere del governo. Le parole sono importanti, diceva Moretti.”