Il prezioso volumetto ad opera di un gesuita romano inviato in missione a Scampia, periferia urbana nell’area nord di Napoli, di cui si narra in questo testo la molteplice esperienza nel corso di un quindicennio non è una biografia o autobiografia, una narrazione, una testimonianza edificante, ma una conversazione diretta ed immediata con il lettore che coinvolge, e mi richiama le conversazioni e gli scambi nella convivenza con l’A. in questo quartiere.
Se la narrazione di questa esperienza riguarda specificamente l’ultimo quindicennio vissuto da Fabrizio Valletti a Scampia, come recita il titolo, non si può non rilevare la continuità con le esperienze sociali, culturali, pastorali, vissute in altre località prevalentemente del centro-Italia (Livorno,Firenze, Follonica, Bologna), messe alla prova problematicamente nella sua avventura in questo quartiere napoletano a contatto non solo con i problemi sociali irrisolti come l’accesso alle opportunità lavorative negato specialmente alle giovani generazioni (a cui ha dato qualche risposta il “Progetto Scampia” con realizzazioni di formazione professionale e la promozione di attività lavorative ideate dall’Autore), deprivazione culturali di strati popolari, ed una diversa subcultura per l’illegalità diffusa ed i traffici della criminalità organizzata. In parte domata ma non sgominata in seguito ad un efficace intervento delle forze dell’ordine a partire da cinque anni a questa parte, in verità poco portato a conoscenza dell’opinione pubblica.Senza pretendere in questo racconto, come afferma l’A., di proporre particolari analisi scientifiche e culturali della complessità dei fattori che caratterizzano la vita delle popolazioni del quartiere, non si può non rilevare da un punto di vista metodologico dell’azione sociale che l’A. nell’approccio ai problemi del quartiere, manifesta a più riprese le domande che gli ponevano i problemi del quartiere ed i tentativi di comprensione di situazioni, condizioni e comportamenti diffusi ed elaborazione possibilmente di risposte. A nostro avviso, un pregio formale da rilevare è la scrittura chiara, tersa, trasparente del pensiero, che da luogo ad una comunicazione efficace, ed insieme una presentazione della materia articolata, ordinata, che da vita ad una sorta di mosaico formato dalle tessere vive dei vari capitoli con le loro articolazioni, o ad un insieme di tante chiare mattonelle che formano il disegno di una esperienza vissuta. Preferiamo mettere in rilievo in questa gli aspetti della scrittura di questa esperienza, che invitano alla lettura e danno conto della personalità dell’A. e delle molteplici direzioni dei suoi interventi non solo nel quartiere Scampia. Acquista senso a nostro avviso il sottotitolo del testo “Come può rinascere una periferia degradata”, dove certo fa aggio la personalità di un operatore sociale con le realizzazioni e le relazioni sociali che ha sviluppato costituendo “ponti” anche con altri quartieri della città.Di qui l’ampio e preciso resoconto della “costellazione di presenze” costituito dalle numerose associazioni sociali, culturali, civili, da parte della società civile, che per certi versi costituiscono un unicum non solo nel panorama dei quartieri periferici della città. Tra cui in particolare il “Centro Alberto Hurtado” di formazione professionale e di svariate attività socio-culturali per tutto il territorio.In conclusione, senza praggerie il testo non è solo la narrazione e testimonianza di un’esperienza di vita ed attività di un gesuita in un quartiere periferico napoletano, da inverare anche da altri lungo una scia tracciata,ma una pagina di “geografia sociale”, da diffondere anche negli istituti scolastici