Il superlatitante Matteo Messina Denaro è l’ultimo boss ancora in fuga. Dopo la morte di Riina, il boss dei boss era da 24 anni al regime del 41 bis. Non era, quindi, in grado di tenere saldamente le fila di Cosa nostra ma una regola antica riconosce il carisma del capo anche quando si trova in carcere. Per questo, dal 15 gennaio 1993, la cupola non è stata più riconvocata.
Prima la morte di Provenzano e ora la scomparsa di Riina hanno creato un vuoto di potere che qualcuno tenterà comunque di riempire. Il primo nome che viene subito accostato alla fase di preparazione alla successione è quello di Matteo Messina Denaro, che appartiene a una generazione più giovane, e quindi conosce i meccanismi decisionali dell’organizzazione, ha una visione strategica adeguata. Ma ha almeno due limiti. Uno è la ridotta capacità operativa in conseguenza della forte pressione dello Stato: ogni giorno vengono scoperti suoi fiancheggiatori, collegamenti con l’economia reale, canali di dialogo con il mondo della politica e degli enti locali.
Ma il limite che impedirebbe a Messina Denaro di diventare il nuovo capo della mafia viene dal suo radicamento nella provincia di Trapani mentre una regola tradizionale di Cosa nostra, , prevede che il capo dei capi sia un palermitano.
Se questo è il quadro si comprende meglio la difficoltà di trovare presto un nuovo equilibrio per il dopo Riina. Le osservazioni investigative hanno potuto comprendere una certa insofferenza della vecchia guardia, sconfitta dalla guerra di mafia e ora pronta a creare le condizioni per il superamento della dittatura corleonese. Perché, come dice il procuratore Francesco Lo Voi, è morto Riina ma la mafia non è mai morta.