Leila Khaled, ex combattente e membro del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, è stata fermata all’aeroporto di Fiumicino lo scorso 28 novembre, in quanto le è stato annullato il visto. È stata costretta a ritornare nel paese in cui attualmente vive, Amman, in Giordania.
L’ex combattente palestinese si trovava in Italia per una serie di convegni e iniziative sui 50 anni della nascita del Fronte Popolare. Avrebbe dovuto tenere una conferenza anche a Napoli, all’interno dell’Università della Federico II nel dipartimento di Giurisprudenza, il 4 dicembre. Gli organizzatori tengono a precisare che il convegno verrà svolto ugualmente e che la voce di Leila sarà comunque presente attraverso un collegamento.
Leila Khaled è nota, in particolare, per aver partecipato a due dirottamenti di aerei di linea, con lo scopo di liberare detenuti palestinesi nelle carceri israeliani. In entrambi i dirottamenti, non ci sono mai stati morti o feriti, tranne per il secondo caso in cui uno dei dirottatori venne ucciso dalle forze di sicurezza israeliane. Leila venne poi arrestata a Londra e poco dopo venne rilasciata dal governo britannico in seguito ad uno scambio di prigionieri.
Leila è molto legata a Londra, numerosi, infatti, sono stati i convegni che ha tenuto nel Regno Unito. Le sue battaglie hanno girato l’Europa, negli ultimi mesi la Khaled ha presenziato a due iniziative europee che si sono svolte in Spagna e in Belgio. In quest’ultimo ha tenuto una conferenza al Parlamento Europeo.
La notizia che Leila Khaled sarebbe apparsa a Napoli ha diviso il mondo politico e non solo. Non tutte le istituzioni sono state favorevoli alla presenza di Leila sul territorio italiano. Giorni fa la consigliere di Forza Italia Mara Carfagna dichiarò il suo dissenso sulla vicenda: <<Riteniamo sbagliato e pericoloso che una dirigente del Fronte Nazionale di Liberazione della Palestina, che è una organizzazione inserita nell’elenco delle associazioni terroristiche dall’Unione europea, possa partecipare ad iniziative pubbliche senza che vi sia un controllo, che possa fare proseliti in luoghi pubblici o addirittura di proprietà comunale. È ancora più grave dal momento che Leila Khaled non è una esponente del Fplp qualunque, ma è nota per essere stata la prima donna a lasciarsi coinvolgere in una forma di terrorismo spaventosa quale il dirottamento aereo, cosa che ha fatto per ben due volte. In Spagna c’è un ordine di cattura internazionale a suo carico: chi le ha concesso il visto per entrare in Italia?»
Ma non tutti sono dello stesso pensiero, Giuseppe Aragno, docente di Storia contemporanea all’Università ed esponente Dema, a proposito della presenza o meno del sindaco al convegno dichiarò: «Eppure la venuta di Khaled in città potrebbe rappresentare un bel momento di confronto. Da storico io dico che possono esserci figure controverse, ma non vuole dire sempre che siano negative. Militanti sui quali si può molto discutere, ma che hanno avuto un ruolo nella vicenda storica. Non mi scandalizza che Khaled possa partecipare ad un dibattito a Napoli e che eventualmente, possa esserci il sindaco. Mi scandalizza, piuttosto, che l’Italia abbia rapporti diplomatici con l’Egitto, dopo quello che è accaduto a Regeni e mentre lì sono in carcere migliaia di oppositori politici».
Il dibattito previsto per il prossimo 4 dicembre verrà svolto, anche senza la presenza di Leila. La conferma arriva dal preside della Facoltà di Lettere e Filosofia Arturo De Vivo: <<Per noi l’aula rimane assegnata agli studenti il pomeriggio del 4 per l’incontro. La richiesta di avere la disponibilità di uno spazio nel dipartimento di Giurisprudenza è stata avanzata pochi giorni fa agli uffici de rettorato della Federico II da un gruppo di ragazzi iscritti all’università, i quali hanno detto che il 4 dicembre avrebbero preso parte all’iniziativa anche esponenti istituzionali cittadini. Mi sono informato e ho verificato che Khaled, oggi settantenne, un paio di mesi fa è intervenuta al Parlamento europeo ed ha avuto occasione di parlare in pubblici incontri anche in altri paesi europei. Ancora, ho verificato che non è mai stata coinvolta direttamente in fatti di sangue e che i due dirottamenti risalgono a 50 anni fa. Insomma, non mi è parso che ci fossero motivi per negare l’aula agli studenti che ne avevano fatto richiesta. L’università può e deve essere un luogo di confronto franco ed aperto, è insito nel suo codice genetico.>>
Negare l’accesso e limitare, di conseguenza, la libertà di parola, fa dell’Italia ancora un paese democratico?