A raccontare il Sud, nudo e crudo, ci pensano Antimo Manzo e Italo Talia, nel loro nuovo libro scritto a quattro mani: ” Il Barone dimezzato“. Manzo a proposito del libro, dichiara: “Il titolo che abbiamo scelto per questo libro ricorda Calvino, “il barone rampante”, ma la scelta è stata casuale. Volevamo immediatamente ricollegarci ai temi che affrontiamo, il baronaggio nel Mezzogiorno, che ai tempi del Vicereame Spagnolo, perde una parte del suo potere, un momento storico molto interessante che può diventare un insegnamento, un esempio positivo per i politici e gli intellettuali del nostro tempo”.
E’ il racconto di una storia travagliata, caratterizzata dalla mancanza di una borghesia produttiva e imprenditoriale capace di creare sviluppo e dalla presenza di un ceto baronale e latifondista che punta alla rendita ed allo sfruttamento del lavoro. Napoli appare come una delle città più grandi d’Europa, ma viene vista come il ‘Mezzogiorno con una grande testa senza tronco e senza braccia’, infatti l’attenzione degli autori si concentra sull’assetto istituzionale e sul ruolo dei comuni, importante nel resto della penisola e pressoché del tutto assente nel mezzogiorno. Tuttavia, sussistono delle differenze perchè la terra non è tutta uguale e a tal proposito , l’autore dichiara: “C’è poi un altro aspetto da non tralasciare, il Mezzogiorno non è tutto uguale, ci sono per esempio aree che ce l’hanno fatta in termini di modernizzazione come l’Abruzzo, la Basilicata e la Puglia, perché hanno puntato tutto sulla valorizzazione delle forze locali. Se queste prendono coscienza di poter essere soggetti attivi del cambiamento tutto è possibile, ma le forze locali devono fare fronte unico, una condizione difficile a Napoli, dove prevale disfattismo e invidia. L’esempio positivo della Serenissima Repubblica Napoletana, ancorché effimera, può essere un insegnamento utile dalla nostra storia”. La speranza per la città è quella di : “puntare sulle forze locali possa portare risultati positivi, anche se il processo sarà difficile, soprattutto per l’eredità che la Regione Campania si è ritrovata”.