Come mai le Borse di mezzo mondo vanno giù nonostante l’economia americana sembra promettere fuochi d’artificio? Se provassimo a rispondere ad un ragazzo incuriosito dal tam tam mediatico di questi giorni andremmo in difficoltà.
Perché accanto alla filastrocca tecnica dovremmo confessargli un po’ di cose. La filastrocca: Wall Street reagisce in senso inverso alla buona tenuta dei fondamentali reali dell’economia (disoccupazione 4,1%, crescita dei salari del 2,9%) perché riflette le mosse degli investitori/speculatori. I quali – certi di un rialzo dei tassi d’interesse in risposta ad una ripresa dell’inflazione – acquistano titoli a reddito fisso (nuove obbligazioni con cedola più appetibile) e vendono quelli a reddito variabile (azioni) giacché i profitti delle imprese sono percepiti in decremento allorquando gli investimenti devono essere finanziati ad un costo del denaro in risalita. Punto e fine della storia.
Anzi no. Manca la confessione. Amara. Quella di esser costretti a vivere in una comunità globale pilotata da pochissimi detentori delle risorse che decidono dove, quando e come allocare capitali di dimensioni inimmaginabili per l’uomo comune.
Nella morsa della speculazione e nel tonfo delle Borse c’è tutto il portato delle distorsioni e delle disuguaglianze prodotte da un capitalismo finanziario anonimo, potente e senza freni.
La balla di una finanza che supporti l’economia reale semplicemente non regge più.