Il fiume Sarno è stato sempre ricco di risorse: da millenni sino a metà anni 50 del novecento aiutava i contadini ad irrigare, rendendole particolarmente fertili, le terre che si distendevano senza discontinuità lungo la grande valle nel mezzo tra il Vesuvio e i Monti Lattari. Poi all’acqua si sono sostituiti i soldi, tanti per la verità, così da inondare casse di progettisti ed affaristi, facendo la felicità del cosiddetto partito degli appalti.
Sarà, forse, per un’atavica inferiorità, che qualcuno la fa iniziare nel lontano 1861, che nel Mezzogiorno d’Italia le cose o si fanno in “Grande” (spesso senza riuscirci) o non si fanno affatto. Così dalla repressione dei Briganti (con buona pace di migliaia di contadini uccisi perché ritenuti colpevoli di aiutare quei vecchi partigiani meridionali, o di interi villaggi sterminati come esempio di forza) al Progetto Sarno, passando per la Salerno-Reggio o la TAV (alta capacità in questo caso) Napoli-Bari, c’è un continuo dispiegamento di uomini e risorse che molto spesso arricchiscono in nord a danno del Sud.
Questo nostro caso, a quanto pare, non fa eccezioni alla regola. Dalla metà del ‘900, con il boom economico, si iniziarono a costruire fabbriche e case e, quella che era una valle incontaminata con piccoli villaggi, divenne uno dei posti più densamente popolati al mondo. A tale conurbazione non seguì subito (ed in alcuni casi mai) la costruzione di una rete primaria fognaria da reggere l’impatto demografico. Il dio Sarno divenne in poco tempo una grande fogna a cielo aperto rendendo la costa di Torre Annunziata non balneabile per quarant’anni.
Per porre rimedio a questo disastro contro la natura (come abbiamo già detto nell’ultimo numero della rivista), fu progettato il Progetto Speciale che si arenò su problemi burocratici. A fine anni 90 si mise su carta il Grande Progetto Sarno, il cui recente finanziamento dell’UE per più di 200 milioni di euro, sta muovendo il partito trasversale degli appalti, lacerando anche il PD. Il progetto ha attraversato tutto il decennio bassoliniano, arrivando ai giorni nostri, facendo crescere il malcontento tra la popolazione che rivorrebbe il fiume di nuovo vivo e senza le opere invasive sui territori che lambisce.
I democratici sono tra le due sponde: Faro del Sarno, con Paolo Persico, è fortemente contrario al progetto, riuscendo a convincere e coinvolgere anche i consiglieri regionali su questo fronte. Dall’altro lato del fiume c’è chi, come il Senatore Enzo Cuomo o l’onorevole Massimo Paolucci, ha esultato in una recente apparizione pubblica (un convegno del partito di Torre Annunziata sulle politiche fiscali del governo del 7 aprile) all’intervento di ARCADIS come la panacea da ogni male.
Nel mezzo del corso d’acqua resta chi si fa cullare dall’indecisione, quasi attratto come Ulisse da entrambe le sirene a cui vorrebbe tendere la mano per non scontentare nessuno.
Come sempre, resta la popolazione, quasi un milione, incerta a combattere e subire le decisioni.