Muore Stephen Hawking, ovvero parliamo di uno dei cosmologi più celebri degli ultimi decenni per le sue teorie sui buchi neri e l’origine dell’universo, e uno dei ricercatori che più hanno fatto discutere per le affermazioni come quella secondo cui si può spiegare la nascita dell’universo senza l’intervento di Dio.
E’ scomparso all’età di 76 anni, dopo avere sfidato dall’adolescenza la forma di atrofia muscolare progressiva che lo aveva costretto alla paralisi. Aveva una sedia a rotelle progettata su misura e un computer con sintetizzatore vocale sono i mezzi che gli hanno permesso di comunicare con il mondo.Con la stessa determinazione ha sfidato la cosmologia, dandogli un’impronta decisiva: grazie a lui, infatti i buchi neri hanno smesso di essere un’ipotesi fantasiosa e una delle sue convinzioni più ferme vedeva nella colonizzazione dello spazio la speranza di sopravvivenza dell’umanità.
Era di Oxford, nato l’8 gennaio 1942 e ha sempre descritto se stesso come un bambino disordinato e svogliato, tanto che ha imparato a leggere solo all’età di 8 anni. Quando gli è stata diagnosticata la malattia diceva: “ogni cosa è cambiata: quando hai di fronte l’eventualità di una morte precoce, realizzi tutte le cose che vorresti fare e che la vita deve essere vissuta a pieno”. Le sue ricerche sui buchi neri hanno permesso di accettare la teoria del Big Bang, dalla quale è nato l’universo. Dagli anni ’70 ha cominciato a lavorare sulla possibilità di integrare le due grandi teorie della fisica contemporanea: la teoria della relatività di Einstein e la meccanica quantistica, riunite nella “teoria del tutto”. Se ne va un grande della scienza e dell’umanità che ha lasciato molto su questa terra, a volte maledetta ma che lui ha reso straordinaria.