Iniziare la Settimana delle Settimane con l’intenzione di giungere alla Veglia di Pasqua, significa entrare nella logica della povertà estrema di Dio che si abbandona nelle mani della violenza degli uomini di potere per svuotare dall’interno il sopruso dei potenti e l’illusione che con la violenza possano governare il mondo. Il racconto della Passione, cuore del Vangelo, nel mettere a nudo l’impotenza di Dio e svela la sua infecondità. Dio diventa sterile perché tutto lo spazio della sua divinità è occupato dal male del mondo, dalla violenza che domina uomini e donne e dal gemito della terra che è depredata della sua stessa esistenza.
Nel racconto della Passione, noi siamo contemporanei di Cristo che manifesta il volto di Dio legato al mistero del limite umano e, anche se volesse, non può più fare miracoli perché se ne facesse uno soltanto non sarebbe più un Dio incarnato nella fatica e nella fragilità, nel limite e nella contraddizione della vita di ciascuno e della Storia. Da oggi Dio è condannato e anche noi con lui: se vogliamo incontrarci dobbiamo, possiamo farlo nel cuore degli eventi e delle persone che custodiscono il segreto dell’identità di Dio.
I vangeli sinottici (Mc Mt e Lc) che riportano il racconto dell’ingresso a Gerusalemme a dorso di un asino, simbolo del lavoro nei campi e opposto al cavallo simbolo di guerra, descrivono il fatto dal punto di vista della rispettiva comunità e quindi troviamo differenze in ciascuno. Tutti, però, sono concordi nel mettere in evidenza che è Gesù a muovere eventi e situazioni, a dirigere la sua vita e la sua passione: tutti gli ruotano attorno come pianeti intorno al sole. Gli uomini di potere, religiosi e statali, si affannano attorno a lui, ma egli resta il centro di ogni movimento e ogni fatto. È lui che dirige la storia della salvezza che passa attraverso la sua vita, la sua passione, la sua morte e la sua
risurrezione. Non si lascia trascinare dagli eventi né si abbandona alla rassegnazione. Oggi,
ascoltando il racconto della Passione, scopriamo anche noi la necessità di fare una scelta di campo: o stiamo dalla parte del Giusto, accusato, condannato e crocifisso o stiamo dalla parte dei malfattori oppressori che uccidono sempre «per il bene del popolo». Sì, ora lo sappiamo, il mondo non si divide più in credenti e non credenti, ma in oppressori ed oppressi, in schiavi e padroni, in giusti e ingiusti. È tempo di decisione perché è giunto il tempo, anzi il «kairòs – occasione favorevole/propizio» della conversione.
Da oggi non abbiamo più alibi per la nostra religione di convenienza: o ci convertiamo alla fede o siamo colpevoli di corruzione del mondo in nome di una religione senza Cristo e senza Dio.
PAOLO FARINELLA, prete