Luigi De Filippo, l’erede spirituale del grande Peppino, fratello di Eduardo e Titina, nasce a Napoli nel 1930 dal matrimonio di suo padre con Adele Carloni.
Nel 1951, a 21 anni, debutta nella compagnia paterna. Negli anni Sessanta appare in qualche film della commedia all’italiana ma il suo grande amore è il teatro.
Nel 1978 fonda una propria compagnia con la quale, oltre alle commedie di famiglia ed a quelle di cui è autore, recita classici come Gogol, Molière, Pirandello.
Nel 1987 interpreta per la Rai il ruolo del giudice Venturi nello sceneggiato La Piovra 3.
Nel 2001 riceve il Premio Personalità Europea in Campidoglio per i 50 anni di carriera.
Da giugno 2011 è direttore artistico del Teatro Parioli di Roma.
Nonostante il teatro sia sempre stata la sua passione ed ancora oggi, ad 83 anni portati splendidamente, continui a calcare i palcoscenici di tutta Italia, Luigi è conosciuto anche come attore cinematografico avendo partecipato a decine di film, alcuni al fianco del celebre padre.
Tra i tanti ricordiamo: Filumena Marturano del 1951 in cui ha recitato al fianco degli zii Titina ed Eduardo, regista della pellicola; Non è vero …ma ci credo, Lazzarella, Cerasella, Arrangiatevi con Totò e Peppino, Policarpo ufficiale di scrittura con Peppino, Rascel ed una giovanissima Carla Gravina, il bellissimo film di Nanni Loy Le quattro giornate di Napoli, Ninì Tirabusciò: la donna che inventò la mossa, con Monica Vitti, In nome del popolo sovrano, regista Luigi Magni, e l’ultima interpretazione televisiva Pupetta – Il coraggio e la passione per Canale 5.
Il mio incontro con Luigi De Filippo avviene a Roma nel 2010 presso una libreria che in questi giorni ha tristemente chiuso i battenti, la Feltrinelli di via Del Babbuino, in occasione della presentazione di un libro, di cui conservo gelosamente una copia con dedica, in cui raccontava la sua vita.
Terminata la presentazione, cominciò il dibattito con il pubblico ed io gli chiesi perché non reagiva all’inerzia del Comune di Napoli che, come per altri illustri personaggi come Achille Lauro, procrastinava all’infinito la decisione di dedicare una piazza o una strada alla memoria dell’illustre genitore.
Proprio a Napoli, dove vi sono via Kagoshima e via Jan Palach, via dei Chiavettieri al Porto e via dei Chiavettieri al Pendino; dove nei nuovi quartieri, da Ponticelli a Scampia, non vi è divo hollywoodiano o libro d’autore che non sia ricordato da una strada, non si riesce a trovare, non dico una piazza ma una stradina, un vicolo, un vicoletto, un fondaco che rammenti personaggi che hanno portato il nome di Napoli nell’Italia e nel mondo (nel caso del Comandante).
«Lei apre una ferita sanguinante» è stata la risposta di Luigi.
Ho ribattuto: «Perché non organizza una raccolta di firme a piazza Plebiscito ed invita stampa e televisioni? Le do io una mano».
«Ho vergogna!» è stata la disarmante replica.
Per fortuna si è vergognata anche la commissione toponomastica del Comune che, se pur in ritardo, ha rimediato all’omissione dedicando una strada all’indimenticabile “Pappagone”.