« Dio muore ogni volta che un rom viene mandato via da un campo, quando al carcerato viene negato ogni minimo diritto o anche quando un anziano muore solo».
Così è intervenuto Antonio Mattone, presidente della comunità Sant’Egidio, nella puntata del venerdì santo di Dentro i Fatti di Samuele Ciambriello per il circuito Lunaset. «I reclusi di Poggioreale, durante questo giorno particolare, si avvicinano in maniera concrata a Gesù e vivere questa loro esperienza, questo loro momento è davvero toccante. Ma non sono gli unici ad essere gli ultimi. Prima ho parlato di rom la cui comunità conta circa 140 mila persone, la metà italiane. Come comunità ci siamo impegnati in un programma di borse di studio per facilitare l’istruzione ai bambini affinché evitino l’accattonaggio. C’è tanto da fare ancora».
Riprendendo il tema della Pasqua, si parla delle esperienze con “gli ultimi degli ultimi”, persone emarginate e troppo spesso sfruttate. Tra le fasce più deboli ci sono anche i bambini ed i giovani di cui porta la sua testimonianza Giovanni Salzano, preside dell’istituto Sandro Pertini di Afragola.
« La scuola ha una funzione sociale – ha detto il preside – Noi abbiamo il dovere di proporre a questi ragazzi dei grandi ideali e per questo motivo, proprio in questi giorni, abbiamo portato avanti una iniziativa importante sostenuta anche dai professori di religione. Nell’area verde della scuola abbiamo piantato quattro ulivi che rappresentano i punti cardinali e le differenze del mondo con al centro una palma».
Ha, poi, concluso con un appello «La scuola è un’opportunità per uscire da condizioni di non conoscenza che è sinonimo di controllo da parte di altri. Nell’ambito della regione Campania ci sono molti progetti da realizzare, come il nostro, dove si fa un intervento sia sulla famiglia che sui ragazzi».
Parlando proprio di giovani e bambini che «sono il promemoria dell’esistenza di Dio, i più grandi annunciatori di innocenza», don Tonino Palmese ha, poi, ripercorso alcune parti della vita di Gesù. «Ha affrontato la croce come strumento di giustizia, facendosi prossimo a tutti i crocifissi della terra. Mi piace però far notare il suo essere uomo, gli amici che aveva ed a cui voleva bene, come le persone a cui non voleva bene».
Inevitabile è il richiamo alle vittime della malavita. «Fino a quando la criminalità organizzata è il motore di ricerca rispetto alla legalità, non limiteremo mai la nostra storia. Dobbiamo uscire dall’ottica – ha concluso – di una sub cultura ancora imperante che vuole i potere chiedere per favore ciò che invece è un loro diritto»