Cina e Stati Uniti hanno raggiunto un, alquanto , parziale accordo su alcune questioni commerciali, riuscendo a ingranare un meccanismo di lavoro per avere ancora salde e ancorate le comunicazioni all’interno dei negoziati che sembrano non aver termine . Le parti, infatti, hanno entrambi con onestà intellettuale riconosciuto l’esistenza di “grandi differenze” su alcuni punti.
L’Europa intano ha una crescita rallentata dovuta all’incessante questione dei dazi. Infatti, all’orizzonte si profila la guerra dei dazi Usa che, con il protezionismo, costituisce “il rischio più grande” per la proliferazione europea. Questa, infatti, si ritrova purtroppo già in fase di leggero rallentamento, con un pil che, dopo il record decennale del 2,4% toccato nel 2017, per il 2018 vede già un 2,3% e il 2% per il 2019. E’ una visione, alquanto amara, tracciata dalle previsioni economiche di primavera della Commissione Ue, secondo cui “un’escalation del protezionismo commerciale presenta senza ambiguità rischi negativi per le previsioni economiche globali e per la sua apertura, l’eurozona sarebbe particolarmente vulnerabile“. Se dovesse arrivare una nuova imperante crisi economica, però, la situazione sarebbe diversa dal 2008: per la prima volta, infatti, nella storia dell’Unione economica e monetaria, nel 2018 tutti i Paesi, anche gli ultimi come Spagna, Francia e Portogallo – la Grecia ha addirittura un avanzo dello 0,4% – saranno sotto la linea franca del 3% di deficit. L’Italia, che pure rispetta il tetto dal 2013, ha però a differenza degli altri lo squilibrio del debito pubblico (dopo il picco del 131,8%, ora scenderà a 130,7%) che la espone di più ai rischi di eventuali turbolenze sui mercati. Anche sul fronte del lavoro l’Italia è più debole rispetto agli altri, con il terzo tasso di disoccupazione più alto (10,8% nel 2018, dietro Grecia e Spagna) a fronte del ritorno a livelli pre-crisi per l’eurozona (8,4%) e del record assoluto di occupazione dall’introduzione dell’euro. “Restano alcune sacche sui mercati del lavoro”, avverte infatti Bruxelles, in alcuni Paesi “la disoccupazione è ancora alta, in altri i posti lavoro stanno già diventando più difficili da riempire”. Da qui la “propaganda” lanciata dal commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici: “non è il momento di sedersi e rilassarsi”, ed è il momento per una riforma “ambiziosa dell’eurozona per renderla più resiliente e misure che consolidino la crescita e rimuovano colli di bottiglia”.