«I sottoscritti professori di diritto costituzionale della scuola fiorentina di Paolo Barile, preoccupati per gli sviluppi della crisi di governo in atto e per l’asprezza del dibattito che è seguito al tentativo di governo del Prof. Giuseppe Conte, avvertono il bisogno di intervenire per evitare che si dia degli ultimi avvenimenti un’interpretazione lontana dalla lettera della Costituzione e dalla prassi che su di essa si è sviluppata negli anni. Al riguardo – scrivono – è bene chiarire subito che è profondamente sbagliata l’idea che il Presidente della Repubblica sia un organo “neutro”, un semplice notaio. Al contrario, l’organo presidenziale è titolare di poteri propri che insieme gli assegnano una funzione d’indirizzo politico costituzionale (come sosteneva Paolo Barile), volto a garantire il corretto funzionamento del sistema e la tutela dei degli interessi generali della comunità nazionale. A ciò rispondono, tra l’altro, il potere di rinvio delle leggi alle Camere perché ritenute manifestamente incostituzionali, i poteri che gli competono quale presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio Superiore di Difesa, il potere di grazia, il potere di nomina del Presidente del Consiglio e, su proposta di quest’ultimo, dei Ministri, il potere di sciogliere le Camere. L’esercizio di alcuni di questi poteri richiedono il concorso di altri soggetti istituzionali e, per quanto riguarda la nomina dei ministri, il concorso del Presidente del Consiglio incaricato. Qualora tale concorso non si realizzi, l’ultima parola spetta al Capo dello Stato, il quale assume su di sé in pieno la responsabilità delle sue decisioni».
I costituzionalisti aggiungono che «in questo quadro, il comportamento del Presidente Mattarella appare del tutto conforme alla lettera della Costituzione e alla prassi. La sua interpretazione di quello che nelle condizioni date rappresenta il superiore interesse nazionale può certo pestarsi a critiche, come del resto avvenuto in un recente passato di fronte a scelte presidenziali determinate da circostanze non meno eccezionali di quelle attuali, ma non sul piano del rispetto della Costituzione. Appare pertanto assolutamente inammissibile che si possa anche solo evocare la messa in stato d’accusa del Presidente, ai sensi dell’art. 90 Cost. Ciò significa confondere i due diversi piani su cui va valutata questa vicenda, con il rischio grave di minare alle radici uno dei presidi fondamentali del nostro sistema costituzionale».
La dichiarazione è firmata da Enzo Cheli, Paolo Caretti, Ugo De Siervo, Stefano Merlini, Roberto Zaccaria, Stefano Grassi, Cristina Grisolia, Elisabetta Catelani, Massimo Carli, Orlando Roselli, Giovanni Tarli Barbieri, Andrea Simoncini, Andrea Cardone e Duccio Traina