Il 16 Giugno ,ore 10.30 , avverrà una visita gratuita presso la cattedrale di Pozzuoli e il museo diocesano.
Fin dal II secolo a.C. lo sperone tufaceo del Rione Terra, la rocca dell’antica Puteoli, era dominata dal Capitolium, il tempio dedicato alla triade celeste – Giove, Giunone e Minerva – venerata dai Romani sul Campidoglio.
Questo complesso è di epoca molto antica e sorse probabilmente in epoca greca o sannitica come Capitolium della città. Fu radicalmente ristrutturato in età repubblicana sino ad essere completemente riedificato in età augustea. Fu fatto erigere dal ricco mercante Lucio Calpurnio in onore dell’imperatore Ottaviano Augusto , come riferisce un’iscrizione con dedica: L. Calpurnius L.f. templum Aug. cum ornamentis d.s.f. (Lucio Calpurnio, figlio di Lucio, dedicò a sue spese questo tempio ed il suo arredo ad Augusto), e fu costruito dall’architetto Lucio Cocceio Aucto sui resti di un precedente tempio di età repubblicana risalente al 194 a.C., che già era stato fatto restaurare da Silla nel 78 a.C. La planimetria dell’edificio puteolano corrisponde quasi perfettamente alla definizione di tempio pseudoperiptero data dal celebre storico dell’architettura Marco Vitruvio Pollione nel suo trattato De Architectura e ne rappresenta uno dei migliori esempi, insieme alla Maison Carrée di Nimes e al tempio di Apollo sul Palatino. I ritrovamenti archeologici compiuti in questi ultimi cinquant’anni nell’intera area hanno indotto Fausto Zevi a ritenere che sul Rione Terra abbiano operato maestranze sceltissime, formatesi direttamente sugli insegnamenti dei grandi cantieri augustei di Roma.
Si può quindi sostenere che se Puteoli nel II secolo a.C. poteva essere definita “Delus minor” per la straordinaria ricchezza dei suoi traffici, al tempo di Augusto essa divenne una “parva Roma”, per la magnificenza e l’eleganza dei suoi edifici.
Tra la fine del V e gli inizi del VI secolo i puteolani decisero di dedicare, come chiesa, questo edificio di età augustea al loro santo patrono Procolo . Il cristianesimo, del resto, era penetrato nei Campi Flegrei assai per tempo. Nel 61, quando l’apostolo Paolo sbarcò a Pozzuoli nel suo viaggio verso Roma, vi trovò già una comunità di fratelli, secondo l’autorevole testimonianza degli Atti degli Apostoli (28, 13-15)
Nel 1538 subì gravi danni a séguito dello sprofondamento di Tripergole e della conseguente nascita del Monte Nuovo . Il vescovo Gian Matteo Castaldo lo restaurò, e per far fronte alla spesa occorrente, ottenne dal pontefice Paolo III, con un decreto del 16 giugno 1544, la facoltà di vendere i beni stabili della mensa vescovile fino al prezzo di 200 ducati d’oro.
Progressivamente il tempio perse la sua fisionomia finendo per essere quasi interamente inglobato in fabbriche successive, spesso disorganiche, dettate unicamente dalle esigenze del culto.
Agli inizi del XVII secolo la diocesi puteolana fu governata da un vescovo spagnolo proveniente dall’ordine agostiniano, assai ben introdotto a corte: monsignor Martin de León y Càrdenas. Uomo colto e raffinato, il de León aveva viaggiato fin nel Nuovo Mondo ed aveva vissuto per diverso tempo a Roma. Amico intimo del viceré di Napoli, Emanuel de Fonseca y Zunica, conte di Monterey, grazie all’aiuto di quest’ultimo poté coinvolgere nel suo progetto di restauro del tempio di età augustea i migliori artisti del tempo.
Nel 1636 il vescovo Martín de León y Cárdenas , in conformità ai dettami della Controriforma , diede avvio alla ricostruzione del duomo, che terminò nel 1647. Questo intervento fu progettato dall’architetto Bartolomeo Picchiatti con la consulenza artistica di Cosimo Fanzago . Dopo aver sfondato la parete nord del tempio romano, fu realizzato un nuovo coro e messo in collegamento con la coeva sala Capitolare, che oggi si presenta ricoperta da affreschi raffiguranti tutti i vescovi di Pozzuoli fino al 1732. Inoltre, nel 1633, fu costruito un nuovo campanile, (demolito nel 1968, dal quale sono state recuperate tre delle sue quattro antiche campane).
All’interno del duomo fu realizzata una cappella adibita al culto dell’Eucarestia sormontata, all’esterno, da una cupola maiolicata e decorata internamente con marmi e, nei pennacchi della cupola, con la raffigurazione, ad affresco, dei quattro evangelisti, che, malgrado i recenti restauri, si presentano deteriorati. In origine presentava un altare in marmi policromi e un ciborio riccamente decorato con lapislazzuli e altre pietre dure dei quali si sono perse le notizie da molto tempo.
Anche il resto del duomo fu arricchito dal de León con splendidi quadri di noti artisti dell’epoca, tra i quali si ricorda, innanzitutto, Artemisia Gentileschi , autrice delle tre tele San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli , Santi Procolo e Nicea , Adorazione dei Magi . Questo fa della Cattedrale di Pozzuoli non solo una tappa fondamentale per chi voglia conoscere ed apprezzare la produzione artistica della grande pittrice, ma anche un raro esempio di luogo sacro cristiano ampiamente decorato (con un totale di circa 18 metri quadrati di tela) da un’artista femminile.
Si aggiungono al notevole patrimonio della chiesa importanti tele di Giovanni Lanfranco , Cesare Fracanzano , Francesco Fracanzano , Agostino Beltrano , Massimo Stanzione e Paolo Finoglio.
Nacque così quella che Raffaello Causa chiama “una delle più alte e selezionate gallerie del Seicento nostrano”.
Il duomo invece, dichiarato monumento nazionale con regio decreto del 21 novembre 1940, divenne basilica minore pontificia con bolla di Pio XII del 25 novembre 1959.
La navata centrale della Cattedrale venne completamente distrutta da un incendio, nella notte tra il 16 e il 17 maggio 1964, divampato dall’altissimo tetto in legno che copriva la sopraelevata volta in incannucciato,così intenso da sviluppare un calore tale da calcinare anche i muri di pietra e i marmi antichi. La notizia ,diffusa in tutto il mondo il giorno seguente, provocò allarme e sollecite reazioni, tra le quali l’immediato trasferimento delle tele salvate, provenienti per la maggior parte dal coro, in alcuni musei di Napoli come quello di Capodimonte e quello di San Martino . Da allora, la chiesa di Santa Maria della Consolazione svolse le funzioni di Cattedrale e dal 1995 la moderna chiesa di San Paolo , nel quartiere di Monterusciello , quelle di concattedrale.
Il Rione Terra, entro il quale sorge la cattedrale puteolana, fu sgomberato nel 1970 per i danni subiti a seguito di una crisi bradisismica, sebbene lo sgombero fosse richiesto anche per le pessime condizioni igieniche che vi albergavano. Rimase solo il Vescovo per salvaguardare lo svolgimento dei lavori di restauro, iniziati nel 1968 e guidati dal noto museografo Ezio De Felice, ma gli intoppi burocratici e le difficoltà di reperimento dei finanziamenti, ritardarono enormemente l’esecuzione, portando, il 10 maggio 1979,alla definitiva interruzione delle opere.Il terremoto del 23 novembre 1980, con il forzato allontanamento del Vescovo, e l’accentuazione del bradisismo del 1983-84 poi, determinarono il totale abbandono del monumento, che fu sottoposto ad atti vandalici e saccheggi. I lavori ripresero nel 1994, dopo una interruzione di circa due anni, grazie alla costituzione di un consorzio, denominato “Rione Terra”. Infine, nel luglio 2003, la Regione Campania bandì un Concorso internazionale di progettazione per il Restauro del monumento, vinto dal progetto del gruppo guidato dall’architetto Marco Dezzi Bardeschi .
Oggi, a seguito dei restauri non ancora ultimati che prevedono ancora la costruzione di un nuovo campanile, la cattedrale si presenta come l’unione di due realtà apparentemente opposte: il tempio classico e la chiesa tardo barocca, da qui l’identificazione del monumento con il nome di “Tempio – Duomo”.
L’ingresso avviene attraverso i resti della facciata e delle prime due cappelle della cattedrale barocca, il cui insieme oggi si presenta come un nartece scoperto che precede la nuova facciata in cristallo strutturale sulla quale sono state rappresentate in serigrafia le colonne frontali del pronao andate distrutte.
La cattedrale presenta un’unica navata , allestita nella cella e nel pronao, i cui intercolunni laterali sono stati richiusi con alte pareti in cristallo strutturale, dell’antico Tempio romano; è stato riportato il pavimento del Tempio alla sua quota originaria ed è stato scavato al suo interno il piano dello stilobate realizzando un piano inclinato (con le panche) di raccordo con lo spazio del presbiterio posto ad una quota più bassa, in modo da valorizzare il percorso archeologico sottostante, nel quale sono conservati i resti del Podio di età repubblicana identificato con il Capitolium della colonia romana del 194 a.C.
Nel presbiterio è stato allestito un nuovo altare rivolto verso i fedeli, una sede posta in luogo dell’antico altare maggiore , andato perduto e un ambone artistico in marmo, nel coro invece sono stati recuperati gli affreschi dell’inizio del XX secolo e sono state ricollocate le 13 tele barocche rimosse dopo l’incendio.
L’antica Sagrestia e la cappella del SS. Sacramento, nella quale è stato costruito un nuovo altare per la custodia del SS. Sacramento e sono state ricollocate alcune delle tele presenti prima della chiusura della cattedrale, hanno riassunto le loro destinazioni d’origine.
Il tempio di età augustea inglobato nella chiesa barocca è esistito fino al 1964. Nella notte tra il 16 e il 17 maggio di quell’anno, infatti, un violento incendio lo ha devastato, distruggendo molte insigni opere d’arte. Negli anni successivi i resti del tempio sono stati oggetto di un intervento di restauro e parziale anastilosi ad opera di Ezio De Felice, uno dei più noti museografi italiani, ma purtroppo questa azione di recupero è stata interrotta dalla recrudescenza del bradisismo agli inizi degli anni Settanta. Dopo oltre trent’anni di incuria e di indiscriminato saccheggio, nel luglio del 2003, la Regione Campania ha bandito un concorso internazionale per il restauro del tempio-duomo, al quale hanno partecipato ben dodici équipes accreditate. Giusto un anno dopo, nel luglio 2004, è stato proclamato vincitore il gruppo diretto dal prof. Marco Dezzi Bardeschi con il progetto “Elogio del palinsesto”.
Il titolo scelto per l’intervento è assai significativo: i progettisti hanno proposto di conservare tutte le parti storiche superstiti del monumento, compresi gli interventi strutturali contemporanei rimasti incompiuti in modo che tutti possano essere letti, proprio come si fa su un palinsesto che raccoglie brani di opere di secoli diversi.
Malgrado la conclusione dei lavori fosse previste per il 2008, le vicissitudini del monumento sono terminate soltanto l’11 maggio 2014, a cinquant’anni esatti dall’incendio, quando il vescovo di Pozzuoli, mons. Gennaro Pascarella ha potuto riaprire la basilica cattedrale al culto, accogliendo le statue dei Santi patroni e riconsegnando l’edificio all’intera comunità civile.