C’ e’ dentro tutta la nostra cultura, il costume, la storia e la tradizione, la sociologia, l’economia, la politica.
Significa parlare anche di mercato o di mercati immobiliari.
A Cernobbio, al Forum Ambrosetti nel 2016, in un intervento-stampa, ho avanzato un giudizio provocatorio e ironico: il mercato immobiliare e’ finito.
Tutti gli indicatori davano segnali in questo senso. Dimezzamento del numero delle transazioni immobiliari rispetto ai dati pre crisi – drastica riduzione del volume di affari – dilatazione dei tempi delle trattative.
Ancor oggi siamo in presenza di un leggero aumento del numero delle compravendite, ma assistiamo ad una, sia pur lieve, riduzione dei valori. Cioe’ aumenta la domanda, ma calano i prezzi.
Se i prezzi aumentano, anche di poco, la domanda non segue l’offerta.
Come si fa a parlare di mercato immobiliare in queste condizioni ?
La globalizzazione ha portato alla omologazione dei mercati nei campi produttivi e finanziari; in campo immobiliare ha condotto, se possiamo dire, alla segmentazione del mercato in differenti mercati, o meglio circuiti commerciali. Corredati, ciascuno, di regimi fiscali differenziati e di operatori distinti. Il cosiddetto relativismo fiscale tanto vituperato.
Condizione essenziale perche’ si possa parlare di mercato immobiliare e’ che sussista un equilibrio tra domanda potenziale ed offerta potenziale.
Oggigiorno siamo in presenza di una offerta reale che e’ contenuta, perche’ molti proprietari che vorrebbero vendere sono trattenuti dal farlo a cause di condizioni economiche inaccettabili.
Se vendessero, svenderebbero. Fino a quando potranno resistere ?
Il problema e’ che c’e’ stata una rarefazione della domanda, causata da condizioni fiscali, gestionali, amministrative, manutentive eccessivamente onerose, per tutto il settore immobiliare ed anche da una sfiducia diffusa sulla “tenuta” del valore immobiliare nel tempo, conseguenza della perdurante crisi economica e della assenza di una assennata politica della casa.
Ma poi quanti immobili delle vecchia generazione sono effettivamente vendibili con tutte le norme e i cavilli insorti in questi anni ?
In conclusione: ‘sic stantibus rebus’ assisteremo ad una progressiva tendenza alla formazione di piu’ circuiti commerciali, con sensibili dislivelli di valore, a seconda delle aree geografiche, ma anche delle aree economiche e sociali e ad una progressiva selettivita’ della domanda.
Le differenziazioni potranno concernere : la localizzazioni dei beni a seconda che si tratti di citta’ piu’ o meno dinamiche dal punto di vista socio-economico e resto del Paese.
Distinzioni anche sulla base della tipologia fra immobili che potremmo definire “griffati” ( per prestigio e funzionalita’ ) e immobili ordinari, in mano al risparmio familiare diffuso.
Inoltre: dato il diverso impatto che l’ordinamento italiano ha nei confronti dell’investitore straniero rispetto a quello italiano, si potra’ verificare una accentuazione della tendenza alla esteroproprieta’ degli immobili italiani di una certa qualita’.
Achille Colombo Clerici