Ad un mese esatto dalle elezioni europee, Andrea Cozzolino, eurodeputato uscente e candidato per il Partito Democratico nella circoscrizione dell’ Italia Meridionale, afferma la necessità di andare oltre i parametri di rigore economico e delle politiche astratte, al fine di realizzare una rinascita del Mezzogiorno attraverso la riqualificazione del territorio e del lavoro, concretizzando le economie locali e regionali che sono alla base della ricchezza del Paese.
Onorevole, ad un mese dalle elezioni europee, in cosa si differenzia la sua campagna elettorale attuale da quella precedente e come è cambiata l’ Europa in questi anni?
«La precedente campagna elettorale era soprattutto in funzione di ciò che io avevo fatto e costruito nell’ esperienza di governo regionale, principalmente dirigendo due importanti punti nevralgici delle attività economiche campane come l’ Assessorato all’ Agricoltura e l’ Assessorato alle Attività Produttive. Quindi, era anche un modo per trarre un bilancio di quattro anni di attività intense e di iniziative. Quest’ anno, invece, è una campagna elettorale focalizzata sui temi europei e sulla fondamentale battaglia che ho condotto in questi anni nel Parlamento Europeo, ovvero quella di consentire al Mezzogiorno di poter utilizzare quantitativamente e qualitativamente le stesse risorse che nella precedente programmazione aveva avuto a disposizione dai Fondi Strutturali, dal Fondo sociale europeo, da tutto un pacchetto di opportunità che l’ Europa mette a disposizione soprattutto delle aree dell’ obiettivo 1 come Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Molise».
Quindi si punta finalmente ad un’ integrazione economica del Meridione, ad un utilizzo maggiormente oculato delle risorse?
«Il vero tema è il bilancio di questo lavoro. Noi abbiamo questo bilancio negativo delle regioni che non hanno utilizzato la precedente programmazione. In Campania, Calabria, Sicilia, si sono accumulati ritardi enormi in questi anni e, pur avendo a disposizione un patrimonio di risorse significative, gran parte di queste risorse non è stata utilizzata. Adesso abbiamo la nuova programmazione, quella 2014-2020, dovremmo evitare gli errori di quella precedente, evitare di perdere anche solo un euro e lavorare perché la nuova sia pienamente utilizzata per fare politica di sviluppo per le nostre imprese, per le nostre famiglie».
Come pensa sia possibile, dato che sono stati proprio gli errori della Regione Campania, come ha sottolineato più volte, a fare perdere miliardi di euro di programmazione?
«Concentrandosi su due grandi obiettivi. Il primo è un grande programma che deve accompagnare la programmazione delle risorse comunitarie nei prossimi dieci anni, cioè una potente piano di rigenerazione e di riqualificazione delle nostre città. Il tessuto delle nostre città deve essere ammodernato, reso in condizioni non solo di poter ospitare i cittadini, ma di creare sviluppo e innovazione. Ovunque le città piccole, medie e grandi sono il cuore della produzione della ricchezza. Dunque, anche nel Mezzogiorno, le città devono ritornare ad essere un luogo di produzione di ricchezza sociale, economica, dal punto di vista della conoscenza, dell’ innovazione. L’ altro grande obiettivo è utilizzare il Fondo sociale europeo, non per fare vecchia scadente ed inutile formazione, ma come un grande incentivo per consentire a centinaia di migliaia di ragazzi, dai 18 ai 35 anni, di fare una concreta esperienza di formazione e lavoro direttamente dentro l’ impresa».
Lei crede che, partendo da una dimensione locale e regionale della produzione, l’ Italia possa riuscire ad avere un peso maggiore a livello europeo, anche mitigando un po’ i parametri che l’ Europa stessa ci impone?
«Occorrono politiche macroeconomiche comunque legate a dei vincoli, da solo un parlamentare può fare molto poco. Dentro una grande formazione come quella del Partito Democratico, una famiglia come quella dei Socialisti e Progressisti Europei, si può fare molto, anzi, noi chiediamo un voto esattamente per questo, chiediamo un voto per mutare gli attuali vincoli macroeconomici, per liberare più risorse quando si tratta di fare investimenti, per essere più rigorosi e più attenti quando si tratta di fare spesa corrente e soprattutto, per mettere in campo un ruolo nuovo della Banca Centrale Europea, come avviene negli Stati Uniti, creando strumenti finanziari che mutualizzino i debiti dei singoli stati in una dimensione europea attraverso gli Eurobond. Quindi, è possibile introdurre vincoli macroeconomici che consentano la rigenerazione del territorio ma insieme a questi vincoli, e che non siano negativi come abbiamo visto in questi anni, occorre partire dal basso. Le grandi economie del mondo vivono di realtà macroregionali, macrolocali. È essenziale la dimensione della rigenerazione e della riqualificazione urbana insieme al tema della capacità di riutilizzare appieno la forza lavoro. Queste sono le due condizioni senza le quali ogni ipotesi di sviluppo e crescita nei prossimi anni è puro miraggio».
Quindi crede che lo sviluppo locale e regionale possa risollevare le sorti dell’ Italia a prescindere dall’ oligarchia economica che alcuni paesi impongono?
«Dobbiamo dire le cose come stanno. Questa situazione è figlia di un pensiero politico. Finora le forze dominanti in Europa, in Parlamento come nel Consiglio Europeo, sono state le forze di centrodestra, che sono prigioniere di questa politica monetarista, tutta legata al contenimento dei conti pubblici, a mettere l’ accento su politiche di rigore. Se vogliamo rovesciare la situazione dobbiamo cambiare la guida politica dell’ Europa perché quella attuale è totalmente prigioniera di questi vincoli. Noi vogliamo una guida nuova che metta al centro il tema dello sviluppo e della crescita, come condizione non solo per determinare la ricchezza dei territori, degli stati, dei cittadini, ma anche per risanare i conti pubblici. Ma non si può fare il contrario, cioè risanare i conti pubblici e in funzione di questo risanamento creare sviluppo e occupazione. Per fare questo ci vuole una guida politica. Perciò il voto è importante».
Al di là di quanto già detto finora, c’è un aspetto in particolare su cui sta puntando la sua campagna elettorale, qui nel Mezzogiorno, che possa fare la differenze tra lei e gli altri candidati?
«Punto sul tema del lavoro e non in modo astratto. Dire, come sto facendo in campagna elettorale rischiando anche di perdere qualche voto, che bisogna sospendere una certa formazione nel Mezzogiorno mi differenzia fortemente dagli altri candidati. Dire che le risorse non vanno impiegate fuori dall’ impresa ma al suo interno è una cosa molto forte. Dire che è possibile usare una quota per 36 mesi, da 480 euro al mese, per fare una concreta esperienza di formazione e lavoro dentro le imprese e dare così la possibilità a più di 200.000 ragazzi e ragazze nei prossimi anni di avere la possibilità di accedere ad un pacchetto di formazione significativo mi differenzia dagli altri candidati. Io voglio parlare di un’ Europa non astratta, di un’ Europa che non sia solo rassegnazione, rabbia, delusione, ma anche un’ Europa più concreta che colga pienamente tutte le opportunità. Noi ci troviamo nel paradosso in questi anni di aver subito l’ Europa dei vincoli, monetarista, figlia di una politica di centrodestra, ma contemporaneamente di non aver sfruttato le opportunità sprecando le risorse comunitarie. Non abbiamo colto l’ opportunità di una moneta unica che ci consentiva di avere più risparmio sul debito pubblico e quindi liberare nuove risorse. Quindi è chiaro che se non utilizziamo correttamente queste opportunità ci troviamo legati ad un vincolo enorme. Perciò io conto su un’ Europa concreta e credibile, fatta di cose utili che possano cambiare qui ed ora la qualità della vita dei cittadini del Meridione».