Solo all’inizio c’è un po’ di fastidio: non si tocca Freddie Mercury! Ma poi ci si abitua alla faccia di Rami Malek e, anche grazie alla musica dei Queen, quasi ci si dimentica che stiamo assistendo a un film. ‘Bohemian Rhapsody’ di Bryan Jay Singer, in sala dal 29 novembre con la 20th Century Fox Italia, insomma non delude, almeno in quelle poche scene viste in anteprima. Il fatto è che raccontare una leggenda del rock ha giustamente fatto tremare i polsi a chi generazionalmente è lontano da quell’epoca proprio come Malek, oggi 37enne, che nel 1991, quando morì Mercury, aveva solo dieci anni.
E non finisce qui. Nel dicembre 2017 la Fox fa sapere che il regista designato Bryan Singer sarebbe stato licenziato per assenza ingiustificata, ma poi torna sui suoi passi e riconferma Singer. È facile immaginare che dietro tutte queste tempeste e ripensamenti ci sia il taglio da dare al biopic. Vale a dire fino a che punto spingere nel realismo della vita di un artista selvaggio, come Freddie Mercury, diviso tra omosessualità e uso di droghe. Il film ripercorre comunque quindici anni della band londinese, dagli anni 70, con l’unione tra Mercury, Brian May e Roger Taylor (Gwilym Lee e Ben Hardy nel film), fino al celeberrimo Live Aid del 1985, sei anni prima della scomparsa del cantante.