Le chiese di Posillipo non costituiscono certamente l’attrazione del quartiere, costituita da verde diffuso, ville principesche e panorami mozzafiato, ma sono numerose e delle principali abbiamo già parlato per cui rinviamo ai rispettivi link:
http://achillecontedilavian.blogspot.com/search?q=chiesa+villanova
http://achillecontedilavian.blogspot.com/search?q=santuario+s.antonio
http://achillecontedilavian.blogspot.com/2018/08/marechiaro-e-la-chiesa-di-s-maria-del.html
Passiamo ora a descrivere le chiese di via Posillipo, partendo da quella dell’Addolorata , posta all’altezza del civico 138. La struttura, di medie dimensioni, costruita nella prima metà del XIX secolo, rappresenta un puro esempio di neoclassicismo, del tutto distaccato dalle insistenze, o meglio, dalla reminiscenze del tardo barocco napoletano. La chiesa è vagamente ispirata alla Basilica di San Francesco di Paola; l’esterno, in marmo bianco, presenta un timpano triangolare, quattro colonne di ordine dorico e un cupolino centrale. L’atrio d’ingresso è invece preceduto da scale in piperno. Oggi la struttura risulta in mediocre stato conservativo ed è chiusa da tempo al culto. Ne proponiamo una foto dell’interno, reperita in rete, con beneficio d’inventario, perché personalmente non ci siamo mai entrati.
Continuando il percorso, sul lato mare, incontriamo l’Ospizio marino Padre Ludovico da Casoria, in via Posillipo 24.
L’edificio è stato eretto sul suolo dove, nel XVII secolo, era il palazzo del Castellano: venne costruito nel 1875 ad opera dei frati bigi della Carità. Oggi, precisamente dal 1971, è affidato alle suore francescane. La struttura fu particolarmente voluta da padre Ludovico da Casoria. Il fabbricato rappresenta una rilevante testimonianza storica, religiosa e artistica. Al suo interno sono custodite due chiese, il sarcofago di padre Ludovico ed altre opere artistiche di pregio: in particolare, è da ricordare l’ambiente che mostra la raffigurazione della Via crucis composta completamente da vivaci maioliche.
All’ingresso della struttura, fa invece bella mostra, ben visibile dalla strada, lo pseudo obelisco scultoreo raffigurante San Francesco, che in atto benedicente impone le mani su tre famosi terziari: da sinistra a destra Dante, Cristoforo Colombo e Giotto. Il monumento fu voluto da padre Ludovico e scolpito da Stanislao Lista nel 1882 per il settecentesimo anniversario della nascita del santo d’Assisi.
Il complesso era solito accogliere soprattutto la gente di mare, prevalentemente pescatori. La struttura mostra interessanti aspetti anche da un punto di vista strutturale e paesaggistico; difatti, due dei tre piani totali del complesso, risultano parzialmente inerpicati al di sotto di via Posillipo e confinano con una spiaggia amena protetta da una scogliera. Anche alcune rampe della struttura risultano fatte di maioliche, come ad esempio la scalinata che dalla portineria porta all’ospizio vero e proprio.
Dopo poco, sul lato destro, incontriamo una chiesa moderna di nessun pregio artistico Maria Santissima del Buon Consiglio(fig. 4), da me sporadicamente frequentata in occasione di funerali di amici, l’ultima volta, per l’estremo saluto al “barone del jazz”, Gaetano Altieri, mio vicino di villa ad Ischia.
Nell’interno della struttura si trova una chiesa nella quale una volta l’anno si celebra una messa di suffraggio per i caduti della Grande guerra, che numerosi riposano nel tempio, il quale potrebbe costituire una potente attrattiva turistica e viceversa è colpevolmente chiuso e abbandonato.
Pochi passi ancora e superata piazza Salvatore Di Giacomo incontriamo una chiesa che richiama lo stile gotico: S. Maria di Bellavista. La struttura in questione è un piccolo tempio che costituisce un punto di riferimento del periodo ottocentesco a Napoli; è stata eretta nel 1860 per volontà della nobile famiglia Capece Minutolo, specialmente delle sorelle Adelaide e Clotilde dei principi di Canosa, e venne decorata con un organo settecentesco, statue lignee ed opere di scuola caravaggesca, principalmente copie di buona qualità di opere del Ribera. Fu elevata a parrocchia nel 1932 e venne affidata prima all’Ordine di Malta e poi ai Padri Vocazionisti, che la reggono ancora oggi.
La facciata, affiancata da due contrafforti, termina a capanna ed è articolata a tre archi acuti che inquadrano bifore, portale e rosone. All’interno, ad una navata con due campate coperte a vela ed abside pentagonale, trionfano archi acuti e linee semplici. Il neo gotico prevale nell’altar maggiore, marmoreo e con pitture a fondo d’oro e nell’arredo ligneo, dal pulpito ai battenti di destra ai coretti, ma spesso le figure scolpite contrastano con la struttura in quanto ispirate allo stile rinascimentale. Secondo questo stile è l’altare ligneo di sinistra, col Compianto su Cristo morto nel paliotto, mentre la Resurrezione, l’Incredulità di San Tommaso, l’Apparizione alla Maddalena e la Trasfigurazione sono intagliati nei pannelli alle pareti.
Le sorelle Capece Minutolo erano dedite ad opere pie ma anche all’arte e si sono voluti attribuire a loro questi intagli che, però, in molti punti mostrano la presenza di un maestro col quale forse collaborarono. Certo di mano loro sono le pitture, poste alle pareti o sugli altari, ispirate o copiate da originali del Cinquecento e del Seicento. Alcune recano la sigla MNTOL, da sciogliere appunto in Minutolo. Da notare in alto nell’abside la figura femminile distesa, scolpita nel marmo nel terzo quarto del secolo scorso, sepolcro della madre delle fondatrici
Poche centinaia di metri e via Posillipo nell’ultimo tratto assume il nome di via Santo Strato dove all’altezza del civico 9 scorgiamo una cappella privata, da tempo trasformata in deposito di attrezzi agricoli.
Camminiamo ancora e la strada varia di nuovo denominazione, diventando via Coroglio, dove è ubicato l’Istituto Denza, gestito dai padri Barnabiti e dotato di una modesta cappella, che raggiunse un tocco di notorietà quando ebbe l’onore, il 16 luglio del 2005, di celebrare le nozze di mia figlia Tiziana.
Portiamoci ora su via Manzoni ed incontriamo, nei pressi di Torre Ranieri, un’altra chiesa moderna, funzionante come parrocchia, dal nome complesso: Corpus Christi e Regina del Rosario dei Padri vocazionisti, frequentata assiduamente da Giuliano Capuozzo e famiglia, un doppio fedele, come mio amico e come credente.
A breve distanza, sempre su via Manzoni, vi è l’ospedale Fatebenefratelli, dotato di una cappella nella quale quotidianamente si celebra la messa vespertina, con la partecipazione, per decenni, delle mie famigerate zie.
Ci spostiamo in via Orazio ed incontriamo la sagoma della chiesa di San Gioacchino, una delle più moderne, edificata nel periodo d’oro della speculazione edilizia nella zona, ad opera di costruttori che volevano farsi belli con le gerarchie ecclesiastiche e con la D.C. che allora dettava legge e tollerava infrazioni al piano regolatore.
All’incrocio tra via Orazio con via Petrarca si trova villa Doria d’Angri, a lungo sede dell’Istituto S. Dorothea, frequentato per anni con profitto dalla mia prole e che da alcuni anni ospita l’università degli Studi di Napoli “Parthenope”. Credevo di conoscere ogni ambiente della villa, invece ignoravo l’esistenza di una splendida cappella e debbo ringraziare l’amico Dante Caporali di avermi fornito delle ottime foto della struttura, che condivido con i miei lettori.
L’ultima tappa del nostro viaggio incontra in via Petrarca l’ultima chiesa, dedicata a S. Brigida, sede della parrocchia di San Luigi
La chiesa fu costruita in onore di san Luigi Gonzaga. Egli visitò la città di Napoli nel 1585, per motivi di salute, poi fece ritorno a Roma per concludere i suoi studi filosofici in collegio. L’edificio è contemporaneo alla non lontana chiesa di Sant’Antonio a Posillipo, ma venne completamente rifatto durante la seconda metà del XVIII secolo.
La facciata richiama in piccolo la rielaborazione architettonica della Basilica della Santissima Annunziata Maggiore, ma priva della convessità spaziale di quest’ultima. La chiesa è formata da un’unica navata, con tre cappelle dalla scarsa profondità per lato. Degni di nota sono: l’antico pavimento in riggiole policrome, gli altari in marmi policromi e i dipinti, perlopiù settecenteschi, fatta eccezione per il cinquecentesco trittico situato alle spalle dell’altare maggiore e per una seicentesca Madonna del Rosario di Giovanni Bernardino Azzolino collocata nella seconda cappella a destra. Di fronte si possono ammirare la Maddalena e S. Caterina d’Alessandria, rilievi marmorei seicenteschi posti ai lati di un Crocifisso ligneo. Sul fondo dell’abside tre tavole raffiguranti S. Brigida in estasi ed ai lati San Paolo e il Battista, rimandano alla chiesa cinquecentesca ed ai suoi fondatori della famiglia d’Alessandro, di cui si vedono gli stemmi e l’immagine di un cavaliere della famiglia orante.
La struttura religiosa è parte di una ben più grande opera architettonica, composta da un grosso monastero che oggi è sede della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale.