Secondo l’Alto Commissario ONU, Zeid bin Ra’ad Zeid Al Hussein, che il primo settembre lascerà l’incarico alla ex presidente del Cile Michelle Bachelet, «la violenza e l’impunità degli ultimi quattro mesi hanno messo in evidenza la fragilità delle istituzioni del paese e dello stato di diritto, e hanno generato un contesto di paura e sfiducia». La persistente violazione dei diritti umani in Nicaragua, dove molte persone che hanno partecipato alle proteste cominciate in aprile «hanno dovuto nascondersi, abbandonare il paese o cercare di andarsene, impone l’adozione di urgenti misure». La denuncia arriva da un rapporto diffuso dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, secondo il quale «la repressione e le rappresaglie contro i manifestanti proseguono in Nicaragua, mentre il mondo guarda da un’altra parte». Daniel Ortega, presidente del Nicaragua non ha fatto attendere la sua replica, di fatto è stata ferma e immediata, criticando le Nazioni Unite definendola un’organizzazione «cieca e faziosa» per avere pubblicato un rapporto che viene respinto «in modo totale in quanto propone un’analisi preconcetta di quanto accaduto a partire dal 18 aprile». Per il governo di Managua, le proteste che hanno portato a centinaia di morti e migliaia di feriti, si configurano come un tentativo di colpo di stato, che è stato respinto. Ha proseguito Ortega «Il Nicaragua non ha invitato la delegazione dell’ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani a realizzare una visita con fini di osservazione dei diritti umani, né la risoluzione dell’Assemblea generale 48/141 invocata nel precipitoso rapporto le concede questa facoltà. Il presidente ha terminato la replica affermando: «la delegazione è andata oltre i limiti della sua missione». Dall’altro canto, Al Hussein ha espressamente palesato la necessità di intervenire al più presto invitando «il Consiglio dei diritti umani e la comunità internazionale in generale ad adottare misure specifiche per evitare che la crisi attuale degeneri in disordini sociali e politici ancora più gravi».
Raffaele Fattopace