A differenza di Napoli, che da decenni permette che la Villa comunale, una volta reale, prospiciente il lungomare più bello del mondo: via Caracciolo, versi in uno stato pietoso di abbandono con edifici in rovina, statue imbrattate, cani randagi e cespugli inestricabili, Pozzuoli possiede un giardino pubblico che è un vero e proprio gioiello: Villa Avellino, una succursale del paradiso terrestre, divenuto da tempo parco pubblico, dopo essere stato il giardino privato di una dimora nobiliare.
Vi è stato un periodo recente della mia vita che quasi ogni giorno, dalle 10 alle 12, ho frequentato Villa Avellino per recuperare pace e tranquillità perdute.
Bastavano pochi minuti di passeggiata “lento pede” per acquisire uno stato d’animo confinante con l’estasi.
Lasciavo l’auto nel capiente spazio antistante l’ingresso, presidiato da un anziano parcheggiatore abusivo, che si contentava anche di soli 50 centesimi, che contraccambiava con una serie di 3- 4 grazie affettuosi ed ossequiosi.
La prima sosta era presso il “laghetto”, uno stagno frequentato da una miriade di vivaci pesci rossi e da una decine di simpatiche rane saltatrici.
Se avevo la fortuna di stare con i miei adorati nipoti ci si fermava a lungo nel parco giochi , attrezzato e soprattutto gratuito.
Quando mi capitava di essere in romantica compagnia, di mia moglie o di qualche ammiratrice, era d’obbligo una sosta per ammirare lo splendido panorama
Dopo una sosta di meditazione sulle antiche rovine archeologiche, che ci rammentano il passato glorioso di Puteoli, quando la città, in epoca romana, era importante quanto Napoli se non di più, era d’obbligo, usufruendo dell’uscita secondaria, una tappa ai tavolini del bar della piazzetta, ove servono un caffè del nonno strepitoso o dei gelati da far sballare il mio traballante diabete.
Dopo i ricordi personali vogliamo ora fornire ai lettori una descrizione più dettagliata della struttura e siamo certi che la voglia di visitarla al più presto sarà irresistibile.
La Villa Avellino è un edificio storico di Pozzuoli, appartenuto prima ai principi Colonna di Stigliano, poi, per breve periodo, ai padri Benedettini della Congregazione di Montevergine. A causa del bradisismo discendente, che colpisce la località, i padri Benedettini furono costretti ad abbandonare il convento nel 1787. Con la soppressione dell’Ordine la proprietà passò ai duchi di Lusciano e fu venduta dagli eredi di questi ultimi il 15 marzo 1836 all’archeologo Francesco Maria Avellino. La proprietà passo seguito al Barone de Gemmis di Terlizzi.
Il 13 gennaio 1980, il giardino della villa è divenuto di proprietà del Comune per essere adibito a parco pubblico (l’esproprio ha interessato un’area di circa 28.500 metri quadrati.
La cappella di Sant’Andrea, in via Carlo Rosini, fu trasformata appena dopo il 1980 in ristorante, in questa opera furono distrutti gli stucchi e un bell’altare in marmo policromo.
Nel 2011 nasce all’interno del palazzo finemente ristrutturato la residenza storica Villa Avellino. I lavori di restauro sono stati effettuati dagli attuali proprietari nel rispetto della storicità della struttura e dell’ambiente.
Pare che all’interno del palazzo fossero custodite diverse opere pittoriche di valore che non sono state poi ritrovate, in particolare un dipinto del pittore puteolano Giacinto Diano, del quale si possono ammirare alcune opere nella chiesa di San Raffaele, a pochi passi dal Palazzo De Gemmis Villa Avellino.