Ora dopo ora cresce la preoccupazione per la situazione umanitaria, mentre si moltiplicano gli appelli a frenare l’offensiva militare. Incessanti i bombardamenti del regime siriano, con il sostegno della Russia, su Idlib, ultima roccaforte di ribelli e jihadisti al confine con la Turchia. A Teheran, si è all’ultimo tentativo di mediazione previsto oggi, notizia battuta da Ankara, resta alta l’attesa del faccia a faccia tra il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, il presidente russo, Vladimir Putin, e il presidente Hassan Rohani. Il leader turco, ha detto «Spero che il summit con i presidenti di Russia e Iran porterà a fermare l’aggressione del regime» Inevitabilmente, la cronaca di guerra s’intreccia con le manovre diplomatiche. In effetti, bisogna precisare, che a Idlib ci sono molti miliziani appartenenti a gruppi che sono stati sostenuti dal governo di Ankara. Sarebbe questo il motivo per cui negli ultimi giorni Erdoğan ha rafforzato la sua presenza militare nell’area di Idlib e ha fatto capire di voler di convincere i partner nel processo di Astana ad accettare in extremis una «difficile ma possibile azione moderata» per distinguere il più possibile i ribelli suoi alleati e i gruppi qaedisti. Anche l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, con notevoli sforzi è per il confronto diretto tra Erdoğan e Putin. Mosca, dal canto suo, continua a bollare come «inaccettabili gli appelli a fermare l’offensiva». I margini per una trattativa sembrano ormai strettissimi: i raid ripresi ieri sono considerati preparatori dell’offensiva vera e propria, che potrebbe cominciare all’inizio della prossima settimana. L’artiglieria di Damasco ha continuato anche ieri sera a bombardare postazioni di miliziani, mentre Mosca assicura che i suoi jet hanno colpito in modo «selettivo e mirato». Contestualmente al vertice di Teheran, nelle stesse ore, a New York si riunirà il Consiglio di sicurezza dell’Onu, convocato dagli Stati Uniti.
Raffaele Fattopace