Ennesima grande iniziativa del Teatro Civico che arriva alla decima stagione !
Stagione 10: proprio con questo numero, ricco di rimandi, da quelli magici a quelli religiosi, fino a quelli calcistici, abbiamo voluto giocare, provando a tradurlo in una sorta di nuova cabala teatrale.
Il 10 infatti è la tetratkys, ovvero la somma dei primi quattro numeri naturali: 1+2+3+4.
1 rappresenta l’individuo, il singolo, l’attore solo al centro dello spazio. La solitudine come valore rigenerativo e all’opposto come mancanza, come aspirazione all’incontro, al desiderio.
2 è la relazione, il rapporto, il duello, il dialogo, lo scontro. Comincia la danza degli sguardi.
3 simboleggia il nucleo “padre, madre, figlio” e la dinamica della vita, la nascita del coro, il primo gruppo, la molteplicità dei punti di vista, la sintesi, l’uno che si oppone alla diade.
4 è il minimo gruppo, è orgia, è festa, è il luogo teatro con le sue pareti che il più delle volte cadono e diventano infinito.
La somma è 10, la decima stagione, e in numeri latini il 10 è una X.
Ci auguriamo che anche quest’anno sotto la X si nasconda un tesoro.
Tra i grandi appuntamenti , ricordiamo quello del 13 Ottobre dedicato a Shakespeare .
Il testo di Shakespeare si apre con un monologo di Riccardo che vale la bellezza dell’intera opera e che condensa tutta la vicenda. La narrazione che ne segue apre all’aspetto più profondo, all’animo del personaggio e di chi gli sta intorno, degli altri personaggi e ahimè di noi. Riccardo annuncia cosa farà, il perché, e con la sua “teatrale” deformità, alimenta in segreto il desiderio di conoscerlo.
Il posticcio e la finzione, l’artificio che induce a credere, in questo personaggio sembrano trovare una delle occasioni più emblematiche e la magia del teatro diventa una grande bugia.
Il lavoro è costruito sul monologo iniziale di Riccardo in inglese e su cosa serve per realizzare i personaggi, per farli vivere agli occhi dello spettatore.
Lui diventa cattivo perché la vita gli ha tolto tanto. La cattiveria con cui invade la storia non è comodamente assoluta ma è generata dalla vita vissuta sotto il cielo, con le aspettative che questa tradisce, i sogni che non ci permette di realizzare. Le sottrazioni dell’animo di Riccardo si somatizzano e le ferite mostrano una diversa evoluzione della bellezza.
C’è una forte nostalgia in quell’inizio perché niente è più doloroso della coscienza di ciò che non sarà più. Lo spettacolo non racconta una storia, la fa vedere e il testo ha un ruolo musicale, da sentire più volte fino a comprenderlo sulla scena più di quanto il foglio non possa fare.
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INCONTRI
27/28 ottobre 2018
Aldes
KOTEKINO RIFF – esercizi di rianimazione reloaded
di e con Andrea Cosentino
musiche in scena Michele Giunta
supervisore dinamico Andrea Virgilio Franceschi
assistente Dina Giuseppetti
in collaborazione con CapoTrave / Kilowatt 2017
KOTEKINO RIFF vuole essere il mio gioco a togliere di mezzo l’opera. Quel che resta è da un lato l’attore, come macchina ludica di significazione, dall’altro il teatro come esercitazione allo stare comunitario. Che vuol dire mille cose diverse: dinamiche di potere, di rappresentazione, di rappresentanza, di racconto, di seduzione. Che racchiude questioni importanti e sempre attuali, come la coralità, il prendere la parola, il potere, la fiducia e l’inaffidabilità, l’autorevolezza, l’autorialità e l’autoritarismo.
KOTEKINO RIFF è un coito caotico di sketch interrotti, una roulette russa di gag sull’idiozia, un fluire sincopato di danze scomposte, monologhi surreali e musica. È una esercitazione comica sulla praticabilità della scena, sulla fattibilità dei gesti, sull’abitabilità dei corpi, sulla dicibilità delle storie. Creare aspettative e negarle, fino a mettere in crisi il ruolo di attore e spettatore. Una clownerie gioiosa e nichilista senza altro senso che lo stare al gioco. Il migliore spettacolo teatrale non è che il programma di una festa.
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INCONTRI
03 novembre 2018
Compagnia Garbuggino/Ventriglia – Armunia
IN TERRA IN CIELO
di e con Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia
musiche composte ed eseguite da Gabrio Baldacci
Guardiamo al Don Chisciotte attraverso uno sguardo donchisciottesco, in un rapporto reciprocamente immaginifico con la chitarra baritono Danelectro di Gabrio Baldacci. Portiamo in scena la relazione tra l’essere umano nell’estrema nudità esistenziale e l’archetipo del Don Chisciotte. Un Don Chisciotte che parla parole di Paul Eluard, che esiste idealmente nello stupore e che attraversa e ci chiede un attraversamento lucido della notte del mondo e dell’uomo. Fino all’alba: la resurrezione dello sguardo aperto su un mondo anch’esso risorto, che risorge ogni giorno, sulla bellezza del creato non più straziante ma colma di tenerezza. E mentre Sancho Panza vede pecore e montoni laddove il suo signore vede cavalieri e principi, un cavallo viaggia nello spazio-tempo di un universo trasparente: un ronzino di nome Ronzinante.