Non siamo pochi ad aver creduto nel progetto del Partito democratico, arrivato al suo primo appuntamento con l’atto fondativo del 2007. In questo seminario proviamo a ripercorrere le tappe e il cammino di una “componente” importante di quella storia, i cristiani della sinistra, che hanno investito in quel progetto idee, esperienze e militanti, con passione e generosità.
Dopo tanti conflitti, divisioni e lacerazioni , e una gestazione durata più di un decennio, finalmente le tante storie del riformismo italiano si ricomponevano nella prospettiva dell’unità e del cambiamento. Nasceva un partito per rendere concreto un sogno che aveva emozionato e motivato intere generazioni di italiani, della sinistra politica tradizionale, della sinistra sociale, sindacale e culturale. Soggetti impegnati sulla base di valori religiosi ed altri, sostenitori di culture laiche o areligiose, amministratori locali di liste civiche, gruppi del sociale promotori delle cosiddette “buone pratiche” nel nuovo welfare, associazioni verdi e ambientaliste, realtà importanti impegnate nel contrasto delle mafie e della corruzione diffusa.
Una nuova sinistra, larga, aperta, plurale, non solo partiti o brandelli di partito, per cambiare l’Italia, renderla più giusta, più bella, più moderna, più europea.
Intendiamoci, non è che non ci fossero differenze e discussioni anche aspre fra noi, ma abbiamo cercato il più possibile di contenere le divisioni e di far prevalere l’impegno per la causa comune. Non sempre ci siamo riusciti. Abbiamo commesso errori, non c’è dubbio, ma , ad esempio, io non ho mai pensato che gli avversari da battere fossero tra noi o nel partito che stava per nascere, o che occorresse archiviare o comprimere la storia, l’esperienza ovvero le capacità di qualcuno del Pd, per vecchia o “antica” che fosse la sua provenienza. Ho temuto che le primarie potessero diventare una vetrina per esaltare divisioni esasperate o valorizzare mediocrità di basso profilo, ma non potevo immaginare che ci saremmo trasformati in un campo di battaglie incattivite dal settarismo e dallo spirito di appartenenza, che il correntismo avrebbe “militarizzato” il dibattito e le relazioni interne, comprimendo la libertà di accesso e di movimento delle persone fuori dalle cordate e dai sodalizi interni, che l’ambizione incontenibile, a tutti i livelli, avrebbe soffocato lo spirito critico e il dialogo con la società. Oggi è tutto più difficile e io sono “fuori”. Confesso che mi dispiace, perché sarebbe il momento di combattere, di rilanciare le idee-forti di quel progetto e la profezia di un nuovo orizzonte di senso per una sinistra che non abbia paura del futuro. Ma gli anni passano e, adesso, è il momento di generazioni più fresche e più al passo con lo spirito del tempo (ce lo hanno spiegato anche con una certa brutalità). Cerco in ogni caso, insieme con alcuni cari amici, di offrire un contributo di “ricerca” e di analisi critica del tempo passato e delle scelte che abbiamo compiuto, nella speranza che certi errori non si ripetano più. Sono certo che tutti insieme riusciremo a tornare alle radici del nostro cammino, per ritrovare il filo di una storia e le ragioni di un impegno comune, in un Paese che molto probabilmente sarà chiamato ad affrontare prove difficili, molto prima di quanto immaginiamo. Possiamo farcela.