La tela esaminata è un Martirio di San Sebastiano passato sul mercato nel 1992 con un’attribuzione al Gargiulo del Brigante, il quale affermava: «Questo importante dipinto del celebre maestro napoletano, che in alcuni particolari mostra affinità col Martirio di San Lorenzo della Banca Sannitica di Benevento siglato “DG”, risale probabilmente ai primi anni del sesto decennio del secolo».
Nel 1997, in occasione della stesura del catalogo della celebre collezione ove il quadro era pervenuto , avendo l’onore di comparire in copertina, i principali «napoletanisti» espressero la loro opinione sulla paternità del dipinto. Pacelli e Pavone confermarono la autografia spadariana, la Daprà, specialista dell’artista, avanzò l’ipotesi di Agostino Beltrano in parte confermata da Spinosa, che in un primo tempo aveva pensato genericamente al Maestro dei martirî. Leone De Castris collocò il dipinto al 1635 ed evidenziò la presenza nell’opera di caratteri falconiani, battistelliani e cavalliniani . Ed infine, originale, l’ipotesi di Gennaro Borrelli, che parlò di una esercitazione della bottega di Aniello Falcone, sottolineando l’errata incidenza della luce e la pessima esecuzione dell’albero sullo sfondo, definito bituminoso.
Nel 1998 è comparsa, presso un antiquario a Roma, una replica autografa del dipinto di eguali dimensioni, identica nell’incidenza della luce ed in ogni più piccolo particolare, ma con la composizione spostata verso sinistra, così che nel primo dipinto compaiono taluni particolari, come l’uomo col turbante, mentre nel secondo vi è un più esteso stralcio di panorama e l’ampia boscaglia sullo sfondo, non più bituminoso, presenta viceversa un trattamento del fogliame più accurato.
Ed infine, nel 1999, il passaggio in asta di una scena di supplizio identificabile come Martirio di Santa Apollonia, con in alto l’identico gruppo di angioletti e sulla destra lo stesso cavaliere nascosto dietro la bandiera rossa, che sono presenti nel Martirio di San Sebastiano, ha permesso di riconoscere lo stesso pittore come autore dei tre dipinti.
Molto importante la presenza del cavaliere sulla destra con elmo e bandiera, simbolo del potere romano, (derivata da alcune celebri tele del Gargiulo), il quale sembra volersi nascondere dietro al drappo rosso, con un atteggiamento che compare identico anche nella grade e famosa pala di Pozzuoli rappresentante Il miracolo di Sant’Alessandro, firmata e documentata al 1649.
Numerose altre figure presenti nel Martirio di Santa Apollonia permettono l’assegnazione della tela con certezza al Beltrano. Esse sono il fanciullo a dorso nudo in primo piano sulla destra, di vaga ascendenza battistelliana e, poco più che abortito, sulla sinistra il fantolino che si avvicina alla scena a braccia protese e che ricompare identico nel già citato Miracolo di Santo Alessandro e nell’affresco rappresentante Il pagamento del tributo a Sennacherib di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone, documentato agli anni 1644 – 45. Il volto della Santa pronta al martirio è sovrapponibile alla fisionomia della figura femminile presente nel Sacrificio di Mosé, siglato, del museo di Budapest, identificato dal De Vito nel 1984 ed alla Rachele del Giacobbe e Rachele al pozzo del museo di Besançon, assegnato già dal 1963 al Beltrano dal Volpe. Infine l’uomo barbuto che attizza le fiamme e l’altro scherano sulla destra che incombe sulla Santa sono modelli adoperati spesso dal Beltrano, che li riproduce più volte nelle sue opere dal Martirio dei Santi Gennaro, Procolo e Filippo documentato al 1635, al Miracolo di Sant’Alessandro, al Giacobbe e Rachele al pozzo.
La tela in esame è stata di recente sottoposta ad un accurato restauro, il quale ha evidenziato alcuni dettagli inediti, che presentiamo al lettore, come il guerriero , sul lato sinistro della composizione ed i due fantolini, che, in compagnia di un guerriero sembrano voler partecipare alla scena.
La critica si è da tempo impegnata a ricostruire la personalità artistica del Beltrano ed ha distinto una fase naturalista, contigua ai modi falconiani ed un secondo periodo più propriamente stanzionesco, contrassegnato da un impreziosimento cromatico e da un ingentilimento delle fisionomie e dei sentimenti, culminante nella spettacolare tela di «Lot e le figlie» di collezione Molinari Pradelli
Il presente studio, vuole sottolineare numerosi caratteri patognomonici utili al riconoscimento dell’artista, dal gruppo di angioletti , al cavaliere che timidamente si nasconde dietro la bandiera, dal fanciullo a dorso nudo sempre in primo piano , al volto dolcissimo di fanciulla, ai personaggi barbuti, che permettono, quando presenti in tele in cerca di attribuzione, di proporre il nome del Beltrano con una ragionevole probabilità di essere nel giusto. Inoltre .si propone di allargare l’orizzonte della fase falconiana, che riteniamo comprenda gran parte della carriera dell’artista, almeno fino al 1650. A conferma di tale asserzione sono comparsi negli ultimi anni sul mercato numerosi dipinti siglati o assegnabili con certezza al Beltrano, quasi tutti contraddistinti da spiccati caratteri naturalisti.