L’Associazione di volontariato “La Mansarda”, ha proposto un progetto rivolto ai detenuti ristretti nel Reparto Mediterraneo del Centro Penitenziario di Secondigliano “P.Mandato”. Tale progetto, intitolato “I colori dell’anima”, pone al centro della discussione l’Arte in tutte le sue svariate forme, come espressione di sé. Un punto di riferimento per riaffermare il proprio mondo interiore senza costrizioni e condizionamenti ma dando spazio alle proprie emozioni. L’obiettivo dell’arte terapia è infatti quello di riconoscere le proprie emozioni e saperle comunicare all’altro. La prima parte di questo progetto che verte su un’elaborazione individuale dell’arte, si connette alla seconda durante la quale i detenuti, collaborando tra di loro, realizzeranno un lavoro collettivo, attraverso cui i colori della loro anime verranno impressi su un muro. Attraverso una metodologia ludico- creativa ma soprattutto educativa, ognuno dovrà mettersi in gioco sviluppando una propria criticità verso sé e verso gli altri. Il detenuto M. scrive ” Ringrazio tutti voi che avete portato un po’ di sole e mare. Per poche ore mi avete fatto bene al cuore attraverso la condivisione di pensieri e parole vere in queste mura fredde e grigie che fanno appassire le emozioni. Noi che siamo prigionieri del corpo ma non dell’anima” Il progetto, condotto da 7 volontari, avrà una durata di tre mesi, con incontri a cadenza settimanale di 2 ore ciascuno, Non mancheranno i tradizionali triangolari di calcio che daranno la possibilità ai detenuti di sfidare una squadra esterna, invitata dall’Associazione. Ringrazio il prof Samuele Ciambriello, presidente dell’Associazione “La Mansarda” che mi ha nominata referente di questo progetto insieme alla mia collega Flavia Capriello. Già infatti l’anno scorso fui volontaria del progetto “Confrontiamoci” dove ebbi la possibilità di relazionarmi, per la prima volta, con dei detenuti, considerati dalla società stessa come marchiati a vita e senza speranza di riscatto. Ecco, i progetti educativi che mettiamo in atto sono proprio l’emblema dell’art. 27 della nostra Costituzione, spesso abusato ma poche volte applicato. La pena infatti deve tendere alla rieducazione e credo che il volontariato in carcere, condotto attraverso il binomio professionalità e cuore, possa davvero dare una possibilità di rinascita a chi spesso è stato solo estromesso e non ha mai avuto accanto qualcuno disposto ad ascoltarlo e a fornirgli strumenti utili per una mente critica, aperta, cosciente dei propri errori e disposta a cambiare.
Giusy Maruzzella