Sinergia, sintesi e volontà operativa ci sono dietro ai protocolli d’intesa firmati oggi nel carcere di Secondigliano.Promossi dal Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, coinvolgono il Comune di Napoli, la Direzione dell’Istituto partenopeo, l’Ufficio interdistrettuale dell’Esecuzione penale esterna , il Tribunale di Sorveglianza e il Garante campano delle persone private della libertà personale.
Con Giulia Russo (direttore della Casa Circondariale di Secondigliano), Giuseppe Martone (provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria per la Campania), Samuele Ciambriello (garante dei Diritti delle persone private della libertà personale della Regione Campania), Francesco Basentini (capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), Gemma Tuccillo (capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità del ministero della Giustizia), Sonia Specchia (segretario generale Cassa ammende del Ministero della Giustizia), Adriana Pangia (presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli), Luigi De Magistris (sindaco del Comune di Napoli), Chiara Marciani (assessore alla Formazione e alle Pari Opportunità della Regione Campania), Pasquale Danzi (direttore generale della Direzione Generale del Sud Italia), Alfonso Bonafede (ministro della Giustizia).
“Dobbiamo investire nel lavoro dei detenuti come forma di rieducazione principale. Se c’è uno strumento che può dare dignità al detenuto quello è il lavoro”Lo ha detto nel suo inter vento il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede
“Basta incrociare il loro sguardo quando lavorano per cogliere l’energia, il gusto di una vita onesta – ha sottolineato Bonafede – Il principio della certezza della pena deve essere sempre la cornice ma lo Stato deve investire tutto nella rieducazione”.
Per il garante campano Samuele Ciambriello:” In tutti gli istituti campani ci sono buone prassi di lavoro all’esterno del carcere. Una applicazione concreta dell’art 27 della Costituzione:il trattamento in carcere come occasione di resinserimento nella società. Il carcere è fallito, visto che la maggioranza dei detenuti vi ritorna. Il 20% che non vive la recidiva è perchè ha incontrato una speranza in carcere, una cooperativa, un volontario,un corso di formazione, un direttore coraggioso che ha dato a lui la possibilità del lavoro, un giudice di sorveglianza che ha creduto in lui. Ecco alla persona che sbaglia va tolto il diritto alla libertà ma non il diritto alla dignità, alla dignità del lavoro. E spero anche lavoro remunerato”
Iniziative come queste valorizzano il reinserimento e fanno vivere il lavoro come riparazione del male afflitto a famiglie e società.