Marco Vannini è morto lo scorso 18 maggio 2015, mentre si trovava in casa della fidanzata a Ladispoli, ucciso da un colpo di pistola.
La dinamica dell’accaduto di quella notte resta un giallo, ma con due certezze la prima è che gli è stato fatale un colpo d’arma da fuoco, la seconda è che se la famiglia della fidanzata avesse chiamato in tempo i soccorsi, secondo una perizia della Corte d’Assise, Marco si sarebbe salvato.
Il processo di primo grado si era chiuso con la condanna del padre della fidanzata, Ciontoli, a 14 anni e 3 anni per il resto della famiglia.
Dalla Corte d’Assise d’Appello sono state confermate le condanne a tre anni per la madre e i due figli, ma quello che ha fatto scatenare l’ira e l’incredulità della famiglia di Marco è stata la riduzione della condanna di Ciontoli da 14 anni ad appena 5 anni.
Alla lettura della sentenza è esplosa in aula la rabbia dei familiari e degli amici presenti, che non sono riusciti a trattenere lo sdegno, gridando: “è una vergogna, venduti, è uno schifo”, venendo poi allontanati dall’aula.
Sull’accaduto si è espresso il sindaco di Cerveteri (il paese di Marco), Alessio Pascucci, dichiarando: “Da sindaco mi sento di dire che oggi provo un senso di vergogna nell’indossare la fascia tricolore in rappresentanza di uno Stato che non tutela i cittadini e che lascia impuniti gli assassini di Marco. Metterò le bandiere della nostra città a lutto e invito i sindaci di tutta Italia a farlo in rispetto di Marco Vannini e dei tantissimi che come lui hanno perso la vita senza che lo stato italiano gli riconoscesse giustizia”.
Ferdinando Nardone