Questo mio articolo potrebbe anche essere intitolato: Sacro e profano a cena da Baroq, dal nome del nuovo locale aperto a Napoli in piazza Vittoria, nel quale, oltre a bere un buon bicchiere di vino o addentare un gustoso panino, si può, anzi si deve, ammirare una serie di dipinti esposti alle pareti ed illustrati da schede esaustive.
Ogni mese cambieranno i capolavori esposti.
Si comincia con 4 dipinti inediti di Domenico Gargiulo, alias Micco Spadaro e si proseguirà con artisti di pari livello.
Nel 1839 Louis Daguerre presenta il dagherrotipo, una specie di specchio dotato di memoria. È l’inizio della fotografia, che si svilupperà e perfezionerà lungo tutto il secolo.
Ma prima di allora come si faceva a fissare le immagini e a raccontare i fatti che accadevano?
Naturalmente era compito dei pittori, in particolare di alcuni, abilissimi a fermare il tempo con il pennello per consegnare alla storia frammenti di vita.
Il pittore Domenico Gargiulo amatissimo dalle grandi famiglie dell’aristocrazia napoletana ed anche dalla corte vicereale, può essere considerato un grande fotoreporter ante litteram.
Nato a Napoli (1609/1610-1675 [?]), venne soprannominato Micco Spadaro perché figlio di un fabbricante di spade.
Le fonti raccontano che fin da ragazzo manifestasse questa sua predisposizione alla pittura e al disegno, e ben presto, grazie al suo talento e non senza screzi con il padre, riuscì a realizzare questo suo proposito.
Cominciò la sua carriera nella bottega del famoso Aniello Falcone, detto l’Oracolo delle battaglie per la sua particolare inclinazione nel dipingerle, dove fu in contatto con numerosi altri significativi artisti. Particolarmente importante fu il sodalizio stretto con il bergamasco Viviano Codazzi, uno specialista della scenografia con cui inventerà una formula professionale a quattro mani di ampio e riconosciuto successo (di cui abbiamo qui un esempio visibile).
Micco non abbandonò mai la sua città, neppure durante lo scoppio della peste del 1656, che falcidiò oltre i due quinti della popolazione napoletana tra cui molti suoi colleghi e dalla quale riuscì a salvarsi, lavorando al riparo presso la Certosa di San Martino.
Proprio a lui, nel 1657, scongiurato il pericolo del morbo, i certosini commissionarono un grande ex voto in omaggio alla Vergine e ai Santi protettori di Napoli.
Con occhi curiosi ed uno stile da narratore paziente ed attento, Micco Spadaro praticò tutti i generi. Raccontò la Bibbia e i miti con quel suo facile linguaggio rigorosamente descrittivo, tra immagini e argo- menti appropriati per le sue favole, in un connubio artisticoletterario denso di contenuti. Fotografò fatti storici e di cronaca documentandoli, descrisse palazzi e luoghi del passato poi sventuratamente scomparsi, delineò ritratti, costumi sociali, squarci urbani ed appunti di vita cristallizzandoli e donandoli alla storia dell’umanità.