Una mostra intima e preziosa, tra bellezza e memoria. Nove importanti bozzetti, dipinti da alcuni tra i più celebri artisti vissuti nel XVII e XVIII secolo. Tracciati in velocità o pensati e ripensati per essere definiti con esattezza, da alcuni sono considerati la rappresentazione più fedele dell’ispirazione.
C’è tanta arte autentica nei “modelletti” degli artisti, frammenti di un tempo per fortuna fermato, contro l’ingiuria dei terremoti, delle guerre e dell’incuria.
Ciascuno dei nove studi presentati è riferito, come si chiarisce in ogni testo di accompagnamento, ad una relativa opera pubblica, ancora visibile nei luoghi per cui era stata realizzata oppure sventuratamente scomparsa. In quest’ultimo caso, il bozzetto diventa uno straordinario documento storico-artistico.
Questo prezioso dipinto racconta un episodio tratto dagli Atti degli apostoli quando San Paolo, raggiunta la spiaggia di Malta dopo un drammatico naufragio durante il viaggio per Roma, è morso da una vipera spaventata dal falò acceso dagli abitanti del luogo per riscaldare gli sventurati; uscendone illeso appare a tutti come un dio. L’opera, con una vecchia attribuzione a Bernar- do Cavallino giustificata dalla sua cromia preziose dall’elevata qualità, è il modelletto per uno dei riquadri affrescati sul soffitto della basilica di San Paolo Maggiore a Napoli.
Il vasto ciclo, realizzato da Massimo Stanzione tra la fine del 1642 e il 1644, è dedicato ai santi Pietro e Paolo, che sostituivano gli eroici gemelli Castore e Polluce, cui era dedicato l’antico tempio pagano romano sui cui resti era sorta la chiesa.
I documenti attestano che il lavoro piacque così tanto ai committenti da riconoscere all’artista, il frescante napoletano più richiesto del suo tempo, un premio aggiuntivo rispetto al compenso pattuito. Una foto Alinari degli scorsi anni Venti, che riprende purtroppo solo i due terzi del soffitto, ci consente di avere un’idea dello stato dell’epoca oggi irrimediabilmente compromesso in seguito a cattivi restauri eseguiti tra Ottocento e Novecento e ai danni causati dalla guerra e dall’incuria.
La scena in questione ripresa nell’affresco risulta quasi completamente perduta, rendendo questo bozzetto un documento visivo indispensabile per la memoria del lavoro dell’artista.
Quest’opera, dipinta velocemente e ricchissima di ripensamenti, costituisce un importante documento storico-artistico relativo alla fase napoletana del pittore emiliano Giovanni Lanfranco.
Un suo disegno conservato al Museo di Capodimonte, raffigurante una testa di Cristo molto somigliante alla testa di Cristo di questo bozzetto, è stato recentemente ricondotto alla decorazione della cupola del Gesù Nuovo. Pertanto, è largamente verosimile che siamo di fronte ad uno studio preparatorio per quell’affresco.
Lanfranco vi lavorò dal 1633 al 1636 ma purtroppo la cupola andò irrimediabilmente perduta in seguito al terremoto del 5 giugno 1688. Il pittore, del resto, era uno specialista del genere avendo realizzato in città anche la cupola della celebre cappella del Tesoro di San Gennaro.