Più di 3 ragazzi su 5 vittime di discriminazioni, emarginati o derisi dai loro coetanei; 9 su 10 testimoni diretti di episodi contro i loro compagni, soprattutto a scuola. L’omosessualità, l’appartenenza alla comunità rom, l’obesità o il fatto di essere di colore sono i “motivi” o meglio le “etichette” per cui le persone rischiano di essere discriminate, secondo più dell’80% degli intervistati. A queste seguono l’essere di religione islamica, l’essere povero o disabile (per il 70%).Sono queste le statistiche che emergono da un sondaggio diffuso alla vigilia della Giornata internazionale contro le discriminazioni da Save the Children, realizzato su più di 2.000 studenti e studentesse di scuole secondarie di secondo grado in tutta Italia. Immagine simbolo della campagna è un codice a barre che rappresenta le etichette con le quali si giudicano gli altri in modo superficiale, limitandosi al loro aspetto esteriore, accompagnato dallo slogan “Non fermarti all’etichetta“. Un simbolo che gli organizzatori chiedono di condividere sui social utilizzando l’hashtag #UPprezzami e sfidando i propri amici e familiari a postare foto e video disegnandosi un codice a barre sulla guancia per “liberarsi dalle etichette e a dire no alle discriminazioni”.
“Molti bambini arrivati ad Al Hol sono sfollati più volte con le loro famiglie e decine di loro hanno raggiunto il campo dopo essere rimasti soli – riferisce Sonia Kush, Direttore di Save the Children per la Siria – Si sono spostati da rifugi di ogni tipo a tende, e poi da città a campi profughi. Il loro senso di casa e appartenenza è scomparso. Per mesi o anni sono stati privati del cibo necessario, della scuola e dell’assistenza medica”