Un unico blocco di marmo pentelico con due imponenti figure che emergono scolpite quasi a tutto tondo, le vesti ricche e drappeggiate e i volti uno verso l’altro, a simboleggiare un’unione che continua anche dopo la morte. E’ stato finalmente restituito alla fruizione collettiva, dopo anni di permanenza in deposito, il rilievo funerario che raffigura il fornaio Marco Virgilio Eurisace e sua moglie Atistia, dal 1 marzo esposto in un nuovo allestimento alla Centrale Montemartini di Roma. Il gruppo scultoreo, risalente alla metà del I secolo a.C., è stato accuratamente restaurato dalla sovrintendenza capitolina, ed è stato collocato nella Sala Colonne del museo con l’obiettivo di restituire l’idea del contesto architettonico del sepolcro in cui l’opera in origine si inseriva. In questo nuovo allestimento infatti, ai piedi del rilievo (inserito all’interno di una nicchia appositamente creata) è esposta l’epigrafe di Atistia, in cui Eurisace ricorda la moglie lodandola, proveniente dal Museo Nazionale Romano, mentre di fronte si trova il plastico in gesso del grande sepolcro sulla cui facciata il gruppo scultoreo si trovava. Un monumento, riportato alla luce nel 1838, i cui resti sono ancora oggi visibili a ridosso di Porta Maggiore.
Oltre al valore artistico, il rilievo funerario rappresenta un’incredibile testimonianza storica della tarda età repubblicana: le caratteristiche delle figure scolpite – per Eurisace il volto che non nasconde i segni del tempo e la toga riccamente drappeggiata che presenta un morbido ‘balteus’, la parte del panneggio che ricadeva all’altezza del petto; per Atistia l’ampio mantello sulla tunica e l’acconciatura in voga in quegli anni, con i capelli divisi da una riga centrale in bande laterali e raccolti in una crocchia composta probabilmente di trecce – permettono infatti una datazione precisa. Inoltre l’opera racconta anche lo status sociale di Eurisace, ricco liberto di origine greca, che proprio grazie ai frutti del suo lavoro di fornaio (documentato dal fregio presente nel monumento funerario di Porta Maggiore che riporta le diverse fasi della panificazione) riuscì ad assicurare a se stesso e alla propria famiglia il ricordo perpetuo grazie a una tomba illustre. Con il recente restauro si è provveduto non solo a pulire il gruppo scultoreo in modo non aggressivo e a consolidare alcune zone che si presentavano disgregate, ma, proprio per garantire la completezza dell’opera, si è scelto anche di restituire ad Atistia la testa, rubata nel 1934 e ora realizzata in gesso sulla base di fotografie storiche.