Abbiamo approvato ieri alla Camera la legge che istituisce il Registro nazionale del tumori. Una norma importante, varata con il consenso di tutti i gruppi parlamentari, che consentirà una maggiore conoscenza e quindi una più puntuale azione di contrasto e prevenzione. Purtroppo mancano adeguati finanziamenti e c’è il rischio di non produrre strategie efficaci dopo aver fissato principi giusti.
In ogni caso va salutata la cosa positivamente. Nel mio intervento alla Camera, in dichiarazione di voto, ho ricordato che la mia terra di provenienza, la nobile Campania felix, oggi tristemente nota come terra dei fuochi attende da tempo una terapia d’urto per bonifiche e tutele.
Sul nostro territorio c’è una vera emergenza ambientale. Proprio nella Terra dei fuochi i dati disponibili, più volte, in questi anni segnalano un aumento dei tumori rispetto alle medie nazionali e regionali. Patologie, ricoveri, mortalità: i numeri in questa area sono da allarme sociale.
Il collegamento con gli sversamenti illegali, gli interramenti di rifiuti speciali, con i roghi tossici viene naturale anche se sappiamo che c’è un dibattito nella comunità scientifica sui cosiddetti nessi di causalità tra incidenza tumorale e fattori specifici di inquinamento.
Una correlazione che in realtà sui territorio è molto sentita ed è vissuta sulla pelle, sulle storie familiari, sui drammi, sulla incredibile sequenza di fatti collegati e vicini tra loro.
Di recente il Ministro Costa ha annunciato studi e verifiche proprio sul nesso di causalità. Aspettiamo di avere ulteriori riscontri documentali, anche se il livello di emergenza per la salute delle persone per una situazione di così profondo inquinamento ci sembra già certificabile.
Di sicuro, proprio la situazione di Terra dei fuochi, ci dice come appaia indispensabile la conoscenza per l’azione. Se non acquisiamo tutti i dati a disposizione, se non studiamo i territori, le persone, le patologie. Se non ci rendiamo conto scientificamente e statisticamente dei fatti, non interverremo. E allora gli studi e i registri servono. Serve una legge come quella approvata, che è il frutto di un lavoro condiviso e ampio, partito dalla scorsa legislatura, poi transitato in questo, che si è correlato anche ad atti del Governo della passata legislatura e che, dopo il via libera del Senato, arriva finalmente a un punto finale, con la collaborazione di tutti i Gruppi e di tutte le provenienze.
Istituire la Rete nazionale dei registri tumori e dei sistemi di sorveglianza integrando e mettendo in rete i diversi registri già operativi in molte Regioni e in alcune Province del territorio nazionale, con la creazione di un riferimento istituzionale presso il Ministero della salute è un traguardo fondamentale per tenere aperto il focus su una patologia drammatica, insidiosa che include il 27 per cento dei decessi in Italia (secondi solo alle malattie cardiovascolari) e tuttavia aggredibile, curabile.
Ma il Registro è solo un tassello. Da qui si deve partire per un approccio diverso a tutto il tema della salute, rispetto alla patologia tumorale. Bisognerà parlare di farmaci, di qualità delle cure, si accesso ai farmaci innovativi. Bisognerà discutere di prevenzione, e quindi di politiche vere per la salute che intersecano quelle per l’ambiente, per l’educazione, per l’accesso ai servizi.
Tutto questo richiede impegno e investimenti. Non si fa a costo zero. Non si fa con la cosiddetta invarianza finanziaria. Anche questa legge non mette un euro sul tema. Si istituisce il registro nazionale ma a risorse invariate. Il che significa che mancherà anche in questa occasione quella spinta decisiva al cambio di passo.
Noi sulla salute delle persone dobbiamo investire di più. Il che significa mettere più soldi sul Servizio sanitario nazionale. L’ultima legge di Bilancio non lo ha fatto. Il Fondo non si incrementa abbastanza rispetto ai bisogni, anzi scende rispetto al Pil. Rimane il superticket, restano lunghe liste di attesa, aumentano le famiglie che rinunciano alle cure, cresce la migrazione da regione in regione e il ricorso a cure private. Un quadro complessivo negativo a cui poco servirà un Registro nazionale se non si accompagna, ai dati, anche la volontà politica di investire risorse sulle azioni.
Michela Rostan