Cultura

Leonardo e il San Girolamo, il corpo e la fede

Un anziano eremita stremato dal digiuno e dalla solitudine, ritratto mentre è accovacciato nel deserto vestito di pochi stracci, la testa scavata, il busto inarcato, la mano ossuta che tiene una pietra per percuotersi il petto. Fino al 22 giugno è Leonardo da Vinci la star assoluta ai Musei Vaticani che, in occasione dei 500 anni dalla morte del genio toscano, dedicano un focus specifico al “San Girolamo nel deserto” (1486-1490 ca.), unica tela leonardesca delle collezioni pontificie nonché la sola presente a Roma.

Ospitata dal Braccio di Carlo Magno a Piazza San Pietro, la piccola mostra a ingresso gratuito nasce dalla volontà di celebrare un capolavoro assoluto, “ma anche dal desiderio di condividere per 3 mesi con il pubblico un’opera che è un simbolo della pinacoteca e che ha un forte messaggio di fede”, afferma Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani. “Sull’autografia del quadro non c’è mai stato nessun dubbio e la critica è tutta concorde, nonostante non si conosca la committenza e ci siano solo pochi riferimenti”, spiega la direttrice. Straordinaria è infatti la tecnica esecutiva dell’opera, caratterizzata da un diffuso ‘non finito’ che conferisce grande fascino e che riconduce direttamente all’artista: dipinto a olio su una tavola di legno di noce, su due strati di disegno, per questo capolavoro Leonardo usò i pennelli ma anche il finger painting, la strofinatura e la tamporatura, scegliendo i toni dell’ocra e del verde, simili a quelli dell'”Adorazione dei Magi”. Si tratta davvero di una magnifica visione, sempre in bilico tra naturalismo e idealismo: la tela colpisce sia per la forza espressiva con cui Leonardo ha rappresentato San Girolamo, mostrandolo non come Padre della Chiesa e coltissimo studioso ma come eremita pervaso di Fede che vive su di sé la Passione di Cristo, sia per l’eccezionale competenza anatomica (la resa corporea lascia di stucco), e le caratteristiche del paesaggio (che rimanda alla “Vergine delle rocce”).

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