Quella di Mergellina è la più “giovane” delle funicolari di Napoli essendo entrata in esercizio il 24 maggio 1931 per agevolare l’accessibilità ai nuovi quartieri che andavano sorgendo sulla collina di Posillipo; in principio, era di proprietà privata, poi è stata rilevata dal Comune. Il percorso, che attraversa giardini e parchi privati e da cui si gode un bel panorama, è molto suggestivo. La linea è lunga 550 metri, con 5 fermate e un tratto inferiore caratterizzato da fortissima pendenza (46%), ciò comporta che in quelle stazioni e in quella parte del percorso le vetture siano leggermente inclinate, comportando ai passeggeri la sensazione di trovarsi su una superficie non orizzontale, sebbene perfettamente stabile. L’esercizio è espletato da due treni, ciascuno costituito da una sola vettura, e dalla capacità massima di 60 passeggeri. L’impianto ha conservato le corse “dirette” e “miste”: le corse dirette avvengono ogni 30 minuti circa, e collegano i capolinea di Manzoni e Mergellina senza fermarsi nelle stazioni intermedie di Parco Angelina, San Gioacchino e Sant’Antonio. La frequenza media delle corse è di circa 10 minuti. Esse si svolgono su un solo binario, che si sdoppia nella parte centrale del percorso per consentire l’incrocio delle due vetture.
L’edificio della stazione inferiore fu costruito demolendo un fabbricato di proprietà della Speme, che fino ad allora era stato utilizzato come sede centrale della società.
In precedenza per andare da via Manzoni a Mergellina si utilizzava un ascensore , che partiva all’altezza del numero civico 90 ed arrivava all’altezza della galleria tra Mergellina e Fuorigrotta
L’impianto fu costruito nel 1895 dalla società Tramways de Naples da Du Mesnil e Treize Dreyes collegava i quartieri di Posillipo e Piedigrotta per un dislivello di 127 metri. Il funzionamento era garantito da due vetture ciascuna capace di trasportare fino a otto persone di cui quattro a sedere. Dall’iniziale motrice a vapore si passò a quella elettrica nel 1925 capace di raggiungere la velocità di 1,5 metri al secondo con corse ogni 5 minuti. Lo stesso anno l’impianto fu sospeso e mai più riaperto. Nel 1939 era previsto nel Piano Regolatore Generale la riapertura ma tutto fu accantonato a causa del sopraggiungere degli eventi bellici. Nel 1943 intervenne poi la demolizione a causa dei tedeschi per prevenire le mosse dei partigiani.
Nel 2003 i periti Giuseppe Ierace e Antonio Angiolillo presentarono un progetto di recupero dell’ascensore che prevedeva l’interscambio con la nuova linea 6 (ex LTR). I favorevoli ritengono che l’impianto darebbe respiro alla zona, già di per sé isolata anche in concomitanza con la riapertura dell’area archeologica della Crypta Neapolitana. I critici, d’altro canto, ritengono dubbia la contestualizzazione nel sistema di trasporto urbano attuale oltre a delle riserve sul rapporto costi/profitti.
Chi vivrà vedrà.
La funivia di Posillipo collegava Fuorigrotta con via Manzoni dal 1940, giorno della sua inaugurazione e apertura al pubblico, fino al 1961 giorno della chiusura definitiva dell’impianto. I resti della struttura tra cui i piloni di sostegno e le due stazioni sono ancora ben visibili e parte integrante del tessuto urbanistico- architettonico della città di Napoli. Un gioiello all’epoca della sua costruzione per la sua funzione di collegamento con l’area espositiva della Mostra delle Terre, ma di cui se ne è usufruito per poco tempo a causa di problematiche di varia natura.
Il 9 maggio del 1940 fu inaugurata solennemente a Fuorigrotta la Mostra delle Terre d’Oltremare. Intervennero il Re, da poco anche Imperatore, alte Autorità nazionali e locali, nonché molti turisti.
L’evento sanciva il ruolo della città, soprattutto del suo porto, come punto di riferimento delle allora recenti conquiste coloniali dell’Italia in Africa. A margine di questa occasione, fu inaugurata la funivia Posillipo – Mostra. La stazione superiore fu costruita nei pressi di Capo Posillipo, nell’ultimo tratto di Via Manzoni, a circa 400 metri dal Ponte della Vittoria, dove si apre il Parco delle Rimembranze. La stazione inferiore si trovava nell’attuale via Kennedy, che allora si chiamava via Domitiana, a metà strada fra Piazzale Tecchio e l’ingresso di Edenlandia, dalle parti della zona denominata Cavalleggeri Aosta.
Progettata nel 1938 dall’architetto Giulio De Luca e costruita nel 1939, all’epoca la funivia fu considerata un impianto avveniristico. Era lunga 1.630 metri e superava, in otto minuti un dislivello di 104 metri. Nella sua parte bassa, si sviluppava pressoché in orizzontale, per poi inerpicarsi con una campata di 945 metri, verso la collina. Ognuna delle due cabine poteva trasportare 20 viaggiatori, oltre il conduttore.
La cronaca dell’epoca salutò l’apertura della funivia con entusiasmo: “Le cabine della funivia costituiscono come un aereo belvedere: dall’altezza man mano crescente il panorama si svela in tutta la sua mirabile ampiezza e raggiunge orizzonti non visibili da altre posti”. La funivia funzionò solo un mese, perché il 10 giugno, un mese dopo la sua inaugurazione, ci fu un’altra inaugurazione: quella della guerra.
Nel dopoguerra, la funivia ha funzionato per un breve periodo, giusto il tempo di avere l’onore di trasportare alcune volte il sottoscritto, ma poi l’impianto fu lasciato andare in rovina. Nel contempo la costruzione di grossi fabbricati troppo adiacenti alla fascia di agibilità dell’impianto ne ha reso di fatto impossibile la riapertura. La stazione di Via Manzoni ha ospitato per alcuni anni un’accorsata gelateria, il bar Rosiello. Chiuso il bar, l’Ente proprietario, cioè la Mostra d’Oltremare, nel 2006 ha messo all’asta la ex stazione, ma fino ad ora nessuno si è mostrato interessato, salvo un barbone che per anni ha trasformato i locali nella sua abitazione, che da poco ha lasciato, essendo passato a miglior vita nell’alto dei cieli.
Smontate le funi, sono rimasti ancora in piedi, nonostante la carenza di manutenzione, due piloni visibili fra le case a ridosso della stazione della metropolitana di Cavalleggeri Aosta. I due piloni appaiono come due giganti surreali con le braccia elevate al cielo. Alzano le braccia per invocare il miracolo di un riuso dei “pezzi” rimasti della ex funivia, un riuso rispettoso dell’architettura e della storia dell’impianto, oppure in segno di disperazione o di riprovazione per come essa è stata lasciata andare?
L’ipotetica riattivazione del servizio con le opportune modifiche, secondo i più esperti, consentirebbe di trarre grandi vantaggi sul traffico veicolare, di sfruttare una struttura già esistente e di potenziare il patrimonio locale di collegamento data la vicinanza all’area archeologica (Grotta di Seiano) e alle spiagge della Gaiola e di Marechiaro.