L’Europa vanta il miglior sistema di protezione sociale al mondo e si posiziona tra i primi per la qualità della vita e il benessere. Ma, allo stesso tempo, si trova ad affrontare gli effetti della crisi, che si fanno ancora sentire in molti Stati membri e colpisce milioni di europei. Inoltre le disparità sociali all’interno dell’Unione persistono, nonostante i segnali di miglioramento. Disoccupazione, precariato, lavoro mal retribuito, incertezza sul futuro, non trovano adeguate risposte e sono all’origine delle espressioni di protesta che si traducono in Brexit, gilet gialli, Catalogna, aumento dei voti ‘populisti’ e ‘sovranisti’.
Tuttavia le competenze dell’Unione europea in campo sociale rimangono limitate poiché sono i governi nazionali e non l’Unione a decidere sulle politiche salariali, e quindi su temi quali il salario minimo, gli accordi collettivi, le pensioni e le indennità di disoccupazione e quant’altro.
Fu il Trattato di Maastricht (1992) a creare ufficialmente l’Unione economica e monetaria. In quel Trattato dovevano figurare anche ambiziosi obiettivi di politica sociale. Il 26.10.2012 venne approvato il Trattato sull’Unione Europea: all’ art. 3 del Trattato (ex articolo 2 del TUE) si afferma solennemente: “L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.” Per l’opposizione del Regno Unito, quasi tutti questi principi sono stati disattesi.
Ciononostante, negli anni, alcuni passi in avanti sono stati compiuti. Il bilancio europeo ha destinato risorse crescenti per combattere povertà e disoccupazione. Sono state create strutture quali il Fondo Sociale Europeo, il Fondo per limitare le conseguenze negative della globalizzazione (Feg). L’ Europarlamento è impegnato sui fronti del divario di genere, del lavoro e della vita privata, dell’assenza per malattia, del lavoro ai disabili, della retribuzione minima, della sicurezza sul lavoro.
Ma l’Unione può e deve fare di più. Gli esperti affermano che deve promuovere e sostenere: la convergenza tra i sussidi di disoccupazione; la riduzione delle segmentazioni assicurative nazionali, soprattutto a sfavore dei contratti precari; l’ attivazione delle persone disoccupate; le riserve di bilancio, in modo che gli stabilizzatori automatici possano intervenire in tempi difficili. Per evitare che si allarghi ulteriormente la forbice tra l’Europa della moneta e l’Europa dei cittadini. Con conseguenze imprevedibili.
Achille Colombo Clerici