Come si prospetta la fase dell’economia del post-elezioni europee?
Ricordiamo che il nostro Paese, pur necessario all’Europa, ai fini degli equilibri politici e per la sua rilevanza socio-culturale e l’essenziale complementarieta’ economica, non ne e’ piu’ uno dei leaders, se mai lo e’ stato. E’ l’asse franco-tedesco a reggere l’Unione. La Germania mantiene una primazia in campo economico. La Francia in politica estera, dove fa quello che vuole grazie al peso dell’atomica, al seggio all’Onu ( dove siedera’, secondo gli accordi franco-tedeschi, la Germania e non l’Unione ), agli storici rapporti con le regioni africane.
Quindi, il primo obiettivo che l’Italia dovra’ porsi e’ quello di entrare, o di rientrare – a seconda della opinione che se ne abbia – nel gioco europeo, divenendo mediatore fra i due Paesi.
L’obiettivo non e’ tra i piu’ facili da raggiungere poiche’ ormai il potere, in seno all’Unione, si e’ spostato, dalla Commissione – vero Governo Europeo in grado di perseguire politiche nell’interesse dell’Unione stessa – al Consiglio degli Stati membri, dove dominano le logiche legate agli interessi dei singoli stati.
L’economia europea e di conseguenza quella italiana dipendono sostanzialmente dall’ andamento dell’economia mondiale, nella quale la Cina, nel tentativo di imporsi economicamente a livello mondiale, pratica, nei confronti del vecchio Continente, il “divide et impera”. E la politica del “Belt and Road” costituisce una irripetibile occasione per lo sviluppo economico generale e portuale, in particolare, del nostro Paese.
Nell’economia italiana, carente dell’apporto delle grandi imprese, oggi ridotte al lumicino, molto probabilmente si assistera’ ad una fase di stallo degli investimenti, dei finanziamenti e della crescita.
Inoltre, mentre il rischio di una guerra doganale tra Usa e Cina incombe sull’economia mondiale
( anche se va detto che gli interessi tra i due paesi sono troppo rilevanti perche’ possa intervenire una rottura )
l’ Unione, isolatamente nel quadro delle economie mondiali, non e’ ancora uscita dalla infausta suggestione dell’ austerita’ economica come modello di politica ‘virtuosa’ ai fini della competitivita’ globale.
Resta dunque aperta la questione dei conti pubblici.
Ma una domanda di fondo aleggia: ai fini del rischio economia degli stati membri dell’Unione ( vedasi solidita’ dell’economia e del bilancio) devono preoccupare di piu’ il debito pubblico italiano o i subprimes, dei quali sono particolarmente cariche le banche estere ?
Achille Colombo Clerici