Il volto del “napoletano” Koulibaly, squalificato e in tribuna, rivelava due sentimenti contrapposti: aveva appena assistito impotente alla spettacolare autorete del suo sventurato compagno Sané – con quella palla calciata da Bounedjah che gli sbatte sulla gamba e prende una traiettoria ad arco abbastanza folle, per poi abbassarsi di colpo, come se qualcuno invisibile, durante il volo, l’avesse presa con le mani e sistemata in fondo alla porta – e avrà pensato: “Che sfiga”. Erano passati due minuti. Troppo presto per dare un giudizio, certo, ma le autoreti cinematografiche che arrivano a freddo sono una di quelle cose senza senso (apparente) che possono da sole regalare senso compiuto a un’intera partita e smontare un castello di buoni propositi. Soprattutto se questa partita è una finale come Algeria-Senegal, atto conclusivo della Coppa d’Africa, appesa a un filo, teoricamente equilibrata. L’altra cosa che trapelava dallo sguardo torvo del ragazzo alle dipendenze di Ancelotti, mentre in campo i giocatori già nuotavano nel sudore, era: “Pensa se capitava a me!”. Sarebbe andato a giocare da centravanti pur di rimediare. Ma non poteva entrare in campo e così ha continuato a prendersela con le proprie unghie.
Come tante volte in questa edizione, la finale della 32ª Coppa d’Africa ha offerto alcuni notevoli spunti individuali (o di coppia), ma anche una modestia complessiva, diciamo di sistema, tipica di un mondo che fatica ancora adesso, che pure viviamo un calcio globalizzato e senza più ghetti culturali, a scrollarsi di dosso la nominata del luogo in cui si celebra l’avventura come modulo.
Nella finale le star Mahrez e Mane non hanno brillato. Mane ha cercato soluzioni in solitaria, alla Weah, sempre guardando in mezzo e sempre col timore che i suoi non l’avessero capito e non l’avessero seguito. Nel secondo tempo il cocco di Klopp è partito più volte con una rabbia che rendeva meno efficaci i suoi movimenti: ad un certo punto gli è partita a razzo la scarpa sinistra. Mahrez ha traccheggiato dall’inizio alla fine, decidendo forse per stanchezza terminale di defilarsi dopo aver garantito ai suoi la finale con la fantastica punizione contro la Nigeria in semifinale (al 95′).