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Nuove aggiornamenti sul suicidio assistito. Le indicazioni arrivano dal Comitato di Bioetica

Il suicidio assistito è l’aiuto medico e amministrativo portato a un soggetto che ha deciso di morire tramite suicidio. Differisce dall’eutanasia per il fatto che l’atto finale di togliersi la vita, somministrandosi le sostanze necessarie in modo autonomo e volontario, è compiuto interamente dal soggetto stesso e non da soggetti terzi, che si occupano di assistere la persona per gli altri aspetti: ricovero, preparazione delle sostanze e gestione tecnica/legale post mortem. Il tema è oggetto di forte dibattito internazionale, sia per questioni di natura religiosa sia per questioni di natura etica. In alcune nazioni, tra le quali il Belgio,la Colombia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Svizzera, e gli stati dell’Oregon, Washington, Montana e California negli Stati Uniti, il suicidio assistito è permesso a patto del rispetto di condizioni che variano da ordinamento a ordinamento. Anche in Italia arrivano aggiornamenti, tramite un documento chiarificatore sul suicidio medicalmente assistito, distinto dall’eutanasia.

Il Comitato Nazionale di Bioetica ha pubblicato il primo parere sul suicidio medicalmente assistito, distinto dall’eutanasia. Nonostante all’interno del Comitato i pareri siano difformi, il documento intende “svolgere una riflessione sull’aiuto al suicidio a seguito dell’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale”. Il riferimento è al caso di Marco Cappato e “alla sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale”. Nel testo i pareri diversi dei componenti, ma sei raccomandazioni comuni.

Il parere del Comitato Nazionale di Bioetica, si legge nel documento, intende “fornire elementi di riflessione a servizio delle scelte di una società che intenda affrontare una questione, come quella dell’aiuto al suicidio, che presenta una serie di problemi e di interrogativi a cui non è semplice dare una risposta univoca”. Di qui l’esigenza di fare chiarezza, distinguendo il suicidio assistito dall’eutanasia e fornendo elementi utili ad affrontare un dibattito molto difficile e delicato insieme all’esigenza di “conciliare i due principi, così rilevanti bioeticamente, della salvaguardia della vita umana da un lato, e dell’autonomia e dell’ autodeterminazione del soggetto dall’altro”.

L’eutanasia viene definita nel documento come un atto il cui obiettivo è “anticipare la morte su richiesta al fine di togliere la sofferenza” e in questo senso “è inquadrabile all’interno della fattispecie più generale dell’omicidio del consenziente”. Il suicidio assistito si distingue dall’eutanasia perché “è l’interessato che compie l’ultimo atto che provoca la sua morte, atto reso possibile grazie alla determinante collaborazione di un terzo, che può anche essere un medico”, ma non necessariamente. Il problema, si rileva nel parere, è che “nell’ordinamento italiano è assente una disciplina specifica delle due pratiche”, ossia eutanasia e suicidio assistito, trattati entrambi come “aspetti delle figure generali dei delitti contro la vita”.

Fare chiarezza: è questa la spinta e la motivazione più forte che ha portato il Comitato Nazionale di Bioetica a pubblicare il parere sul suicidio medicalmente assistito: “Chi ha votato a favore, come me, ha indicato le ragioni per cui sarebbe opportuno”, ha detto all’ANSA il presidente del Comitato Lorenzo d’Avack, che ha redatto il parere con Stefano Canestrari, Carlo Casonato, Antonio Da Re e Laura Palazzani, con gli apporti dei Marianna Gensabella, Maurizio Mori, Tamar Pitch, Lucio Romano, Luca Savarino, Monica Toraldo di Francia e Grazia Zuffa.

“Non è un’apertura al suicidio assistito, ma – ha detto ancora d’Avack – vorrei che fosse un utile strumento, molto documentato, che possa aiutare il legislatore a prendere decisioni. Abbiamo voluto fare chiarezza ed esporre tutti gli argomenti, pro e contro”. La finalità del parere, ha proseguito d’Avack, “non è indicare una maggioranza o minoranza a favore del suicidio medicalizzato assistito, ma spiegare alla società e al mondo politico che cosa sia esattamente il suicidio assistito, molto spesso confuso con l’eutanasia” e che “può essere medicalizzato o meno. Abbiamo cercato di spiegare che cosa sia, che cosa significa che è medicalizzato, quali siano le condizioni per cui un paziente può chiedere di essere aiutato a morire e abbiamo anche evidenziato i criteri di garanzia per evitare forme inappropriate”.

Secondo d’Avack “c’era bisogno di molta chiarezza” e in vista di questo obiettivo fondamentale si è deciso di esporre anche le diverse opinioni presenti all’interno del Comitato Nazionale di Bioetica: “Sono posizioni pluraliste e fra loro differenti e le abbiamo esposto tutte le posizioni, favorevoli e contrarie”. Il risultato è stato così “un parere pluralista, inteso a dare informazioni alla società, al mondo politico e alla Corte Costituzionale sui nodi etici e giuridici più importanti relativi a questo tema. Abbiamo fornito una serie di strumenti con un’ottica plurilaterale, indicando vantaggi e vantaggi”. Quanto alla leggera disparità delle posizioni interne al Comitato, d’Avack ha rilevato che “c’è una differenza uno o due voti. Non vogliamo fare dei pareri di maggioranza in quanto non c’è un’etica oggettiva, ma stiamo affrontando situazioni molto complesse”.

Nel documento si legge che “il Comitato – malgrado le divergenti posizioni sviluppatesi all’interno del dibattito – è pervenuto alla formulazione di alcune raccomandazioni condivise, auspicando innanzi tutto che in qualunque sede avvenga – ivi compresa quella parlamentare – il dibattito sull’aiuto medicalizzato al suicidio si sviluppi nel pieno rispetto di tutte le opinioni al riguardo, ma anche con la dovuta attenzione alle problematiche morali, deontologiche e giuridiche costituzionali che esso solleva e col dovuto approfondimento che esige una tematica così lacerante per la coscienza umana”. Il Comitato raccomanda, inoltre, “l’impegno di fornire cure adeguate ai malati inguaribili in condizione di sofferenza; chiede che sia documentata all’interno del rapporto di cura un’adeguata informazione data al paziente in merito alle possibilità di cure e palliazione; ritiene indispensabile che sia fatto ogni sforzo per implementare l’informazione ai cittadini e ai professionisti della sanità delle disposizioni normative riguardanti l’accesso alle cure palliative; auspica che venga promossa un’ampia partecipazione dei cittadini alla discussione etica e giuridica sul tema e che vengano promosse la ricerca scientifica biomedica e psicosociale e la formazione bioetica degli operatori sanitari in questo campo”. 

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