Le terribili giornate del 1946 sono ancora presenti alla mia memoria, come se fossero accadute ieri.
A Napoli la lotta tra Monarchia e Repubblica era drammatica e ricadeva quasi completamente sulle spalle della sinistra. Del PCI in particolare che appunto perciò era considerato dai monarchici il vero nemico.
Il PRI aveva pochi iscritti mentre al Sud la posizione della DC era ambigua: De Gasperi era chiamato l’uomo del “nì”. La presenza monarchica era particolarmente forte nei quartieri popolari, fatta salva la tradizionale periferia rossa: Bagnoli, Ponticelli, Barra, allora marcata da una forte presenza operaia.
In quella occasione ebbi la prima grande lezione di politica che non ho più dimenticata. A sostegno della Repubblica fu organizzato un corteo che ebbe un grande successo. Esso, allegro, colorito, rumoroso scorreva entusiasta da Piazza Dante a Plebiscito. Tutti noi eravamo sicuri della vittoria. Le urne ci diedero una gelida doccia: Monarchia 80%, Repubblica 20% con punte al Pallonetto ed a Forcella del 90%.
Ho appreso allora che il successo nella partecipazione a comizi e cortei non è garanzia di vittoria. Che è molto più importante arrivare al cuore ed alla testa di chi è rimasto a casa. Ho capito in quella occasione che fare politica significa innanzitutto farsi capire ed entrare in sintonia con la maggioranza dei cittadini. Che ciò non è semplice e che non basta avere idee ritenute giuste per avere ragione e vincere.
Le giornate successive al 2 giugno a Napoli furono drammatiche. L’irresponsabile posizione di Umberto di Savoia, che tardava ad abdicare, alimentava tensioni in tutto il Sud ed a Napoli in particolare. Il 10 giugno, alla proclamazione della Repubblica, la piazza si scatenò.
Fu assalita la federazione del PCI in via Medina che era in un palazzo poi demolito per far posto all’obbrobrio del grattacielo. La bandiera del PCI non venne ammainata ed un pugno di eroici compagni rimasero a difenderla. I manifestanti tentarono di strapparla arrampicandosi lungo le condutture dell’acqua ma non ci riuscirono. Stavo con mio padre che tornava dal lavoro ed al cominciare degli incidenti ci allontanammo mettendoci davanti alla UPIM, dove adesso c’è ELDO. La polizia intervenne con decisione. Ci furono due morti e molti feriti. Uno dei morti, ricordo, investito da un’autoblinda fu raccolto con una pala perché letteralmente schiacciato sull’asfalto.
La cosa che ci fece più male fu vederci attaccati dalla povera gente strumentalizzata dalla malavita e dai soliti intelligenti borghesi napoletani. I capi della rivolta erano spesso avvocati e gente simile oltre ai vari Capaianca e ‘o Nennillo. Perché perdere la vita per difendere i Savoia responsabili del disastro del Mezzogiorno? Era la cosa che ci fece più male.
Ormai la Repubblica è consolidata e nessuno la mette in dubbio però ai ragazzi, ai giovani voglio ancora una volta rammentare che Repubblica e Democrazia non sono un regalo: ce le siamo conquistate con lagrime e sangue.
Anche con quello dei poveracci ingannati. Esse non sono garantite ma vanno continuamente condivisione e difese.
Ricordatelo.