La sanità deve essere più equa, più giusta, più efficiente. Bisogna dare la possibilità di accesso alle cure a tutti quelli che ne hanno bisogno. Per questo l’eliminazione del superticket sarebbe un primo passo importante, così come importante sarebbe una rimodulazione di tutto il sistema dei ticket sanitari in modo da far pagare nulla o poco a chi ha più difficoltà e caricare, invece, i costi sui ceti più abbienti.
Per questo condivido l’impegno del ministro della Salute, Roberto Speranza, che nel Consiglio dei ministri sta provando a far passare per la prossima Legge di Bilancio i principi di una sanità universale e giusta. Proporre un modello che tenga presente prima di tutto i livelli reddituali interrompendo il circolo vizioso per cui si faceva cassa sulle spalle dei meno abbienti, mi sembra un ottimo inizio. Naturalmente non è l’unica cosa da fare. C’è molto ancora da lavorare e ne siamo tutti consapevoli. Ma cominciare con un segnale di questo tipo mi pare davvero significativo. Contiamo sulla sensibilità di tutta la maggioranza e del governo: è necessario spostare l’asse delle politiche in maniera più marcata verso i più deboli.
Sul fronte della salute bisognerà poi mettere mano a una serie di problemi. Bisogna ridurre le gravissime disparità tra le diverse regioni italiane tutt’ora esistenti in termini di prestazioni sanitarie. Prima di tutto occorre prevedere i fondi necessari a colmare le importanti carenze di personale che stanno determinando il collasso di numerose strutture ospedaliere. Bisogna accelerare il percorso che consenta l’apertura di nuovi bandi e, soprattutto, di incrementare i fondi per le borse di studio degli specializzandi. In secondo luogo c’è la necessità di ridurre il gap in termini di attrezzature diagnostiche che sono causa principale dei lunghissimi tempi delle liste d’attesa.
C’è da fare, c’è da lavorare.
Riduzione ticket, organizzazione degli stessi sui livelli di reddito, sono solo punti di partenza. Dobbiamo darci obiettivi alti e ambizioni. Il primo deve essere la riduzione di quel numero drammatico di circa 10 milioni di persone che in Italia sono costrette a rinunciare alle cure e alla prevenzione per mancanza di soldi. Un Servizio sanitario nazionale improntato sui principi di equità e universalità deve tornare ad essere il fiore all’occhiello del nostro Paese con un sistema di assistenza che il mondo intero ci ha invidiato.
Michela Rostan |