Noi napoletani siamo stati sempre definiti ironici, scanzonati, umoristi (non per nulla Napoli è la patria dei Totò, dei De Filippo, dei Troisi, della commedia dell’arte in generale) ma negli ultimi tempi siamo definiti spesso e volentieri permalosi. Come mai c’è stata questa radicale trasformazione nell’immaginario collettivo? Forse perché è vero, siamo permalosi, o perlomeno lo siamo diventati da quando, e sono anni, Napoli viene rappresentata in maniera non veritiera, con stereotipi che a volte ci fanno sembrare dei Pulcinella superficiali e ignoranti e a volte dei delinquenti, e purtroppo chi conosce Napoli solo attraverso i mass-media crede davvero che noi napoletani siamo così, solo così, ecco che quindi anche uno spot banale come quello del Buondì Motta dà fastidio quando confonde la musica napoletana con la musica neomelodica: il fenomeno neomelodico è nato una ventina di anni fa, musica scadente cantata da cantanti ancora più scadenti che pagano televisioni e radio locali per potersi esibire con la speranza di raggiungere una certa popolarità che li consenta almeno di cantare a matrimoni e di partecipare a feste di piazza, e non di rado dietro questi cantanti vi sono anche ambienti malavitosi. Ovviamente lungi da noi l’idea di generalizzare, a volte qualcuno è riuscito ad emergere anche in ambito nazionale e a dimostrare di avere del talento, ma davvero vogliamo paragonare le canzoni di Tony Colombo (con tutto il rispetto per il cantante di origine palermitana) con le canzoni di Libero Bovio, E. A. Mario, Salvatore Di Giacomo… vogliamo paragonare O’ latitante con O’ sole mio che è stata cantata dai massimi esponenti della musica non solo italiana? Valga per tutti la versione di Luciano Pavarotti e quella inglese di Elvis Presley, insomma paragonare la musica neomelodica con quella classica napoletana è un obbrobrio. A suscitare ancora più polemiche in questi giorni è stato un articolo della giornalista e scrittrice Selvaggia Lucarelli, pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 10 ottobre e poi su Facebook proprio in difesa del suddetto spot. Ha suscitato polemiche perché l’articolo, ci perdoni la brava giornalista ma lei non è permalosa e sicuramente non se la prenderà, è pieno di luoghi comuni. La Lucarelli usa l’arma dell’ironia nel senso retorico del termine, ovvero l’affermazione del contrario di ciò che si vuole intendere, e nel farlo usa le antifrasi, figura retorica che consiste nell’usare una parola o un’espressione per significare l’opposto. False poi tutte le voci che alimentano una narrazione diffamatoria zeppa di pregiudizi e stereotipi infamanti che offendono Napoli e i napoletani quindi è una antifrase, la Lucarelli intende dire esattamente il contrario, ovvero che non sono false le voci che infamano e offendono Napoli… scorrendo l’articolo si evince che per la Lucarelli i napoletani pensano di aver inventato il basilico e il pomodoro. In realtà non è così: i napoletani rivendicano semplicemente l’invenzione della pizza, sono orgogliosi del fatto che la pizza napoletana sia stata riconosciuta patrimonio dell’umanità, o, per essere più precisi, che l’arte dei pizzaioli napoletani sia stata riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio Immateriale dell’Umanità, per il resto ognuno è libero di mangiare ciò che preferisce (e ci mancherebbe).
Guai, secondo Selvaggia Lucarelli, a toccare Maradona, a non credere che Maradona è meglio ‘e Pelè. In realtà nessuno può dirci chi è il migliore tra i due, addirittura qualcuno come Italo Allodi (uno dei manager più famosi degli anni 70 e 80) sosteneva che Alfredo Di Stefano, calciatore argentino degli anni 50, fosse migliore di entrambi. Nella realtà non si possono fare confronti con giocatori che hanno giocato in epoche diverse, noi napoletani siamo riconoscenti al fuoriclasse argentino perché è stato il maggior artefice dei risultati che la squadra partenopea ha raggiunto negli anni 80, risultati che è lungi dal raggiungere di nuovo, almeno non in tempi brevi purtroppo. La nostra riconoscenza sarà eterna e gli perdoniamo anche di non essere un modello dal punto di vista umano (e questo non è colpa di noi napoletani).
Il problema dell’immondizia? Esiste, ha ragione la Lucarelli, ma non esiste solo a Napoli, è un problema di carattere nazionale comune a tutte le grandi metropoli, e in questa particolare fase storica non è Napoli a riempire le pagine di cronaca per questo. Una vera e propria emergenza rifiuti a Napoli vi è sì stata ma nei primi anni del duemila (per essa vi furono procedimenti giudiziari dove tra gli altri fu imputato e poi assolto l’ex sindaco Antonio Bassolino) ma già negli anni del primo mandato dell’attuale sindaco di Napoli l’emergenza fu risolta (opinioni divergenti su chi fu il reale artefice della risoluzione del problema ma non è questa la sede per discuterne) per cui non possiamo biasimare più di tanto il sindaco Luigi De Magistris se provò del fastidio nel vedere che in una trasmissione televisiva si parlava dei rifiuti di Napoli come se l’emergenza fosse ancora in atto, emergenza di cui noi napoletani siamo stati vittime e certamente non responsabili.
Per Selvaggia Lucarelli il miracolo di San Gennaro è una truffa intrisa di superstizione, beh se di truffa si tratta i napoletani non ne sono responsabili, è la Chiesa che fin dal 1300 considera la liquefazione delle ampolle un miracolo e se ancora oggi lo considera tale non è certo merito (o colpa) dei napoletani.
A Napoli rubano biciclette, motorini e anche altro, ha ragione la Lucarelli, sarebbe sciocco negarlo, quello che infastidisce i napoletani è che sembra che si rubi solo a Napoli, la notizia di un calciatore rapinato del Rolex nei quartieri napoletani finisce in prima pagina, se succede in un’altra città (e succede) la notizia passa in secondo piano, c’è dunque una identificazione territoriale che Napoli non merita. A proposito di ciò, è innegabile che a Napoli esista la camorra ma è sbagliato dire che Napoli è solo camorra, quelli che la schifano e quelli che la combattono sono molti più di quelli che ne fanno parte: l’opera di Roberto Saviano è indubbiamente meritoria, qualche perplessità è solo su come i suoi scritti siano stati rappresentati nelle fiction televisive, in esse sembra che Napoli sia solo Scampia (e per carità Scampia non è solo camorra), manca il racconto di figure positive e si rischia di far scattare tra gli adolescenti un processo di mitizzazione per un tipo di personaggio che dovrebbe essere solo disprezzato.
Concludendo: secondo Selvaggia Lucarelli siamo brutti, sporchi e cattivi, e allora non può biasimarci se non siamo riusciti ad apprezzare l’ironia del suo intervento (siamo permalosi). Ovviamente ci dissociamo da tutti gli insulti che sta ricevendo in queste ore sulle varie piattaforme social da quelli che vengono definiti haters, se noi napoletani fossimo tutti come questi deficienti ignoranti allora sì che ci vergogneremmo di essere napoletani, ma questi rappresentano solo una piccola nicchia alla quale non è giusto dare importanza così come non è giusto dare importanza a quei commenti di stampo razzista che hanno preso spunto proprio dal suddetto articolo.
Raimondo E. Casaceli