L’ex parlamentare Vincenzo D’Anna pone l’accento sulla politica attuale e la differenza tra il “fare politica ” ed essere politicanti in un momento storico particolare a livello nazionale e mondiale.
Il filosofo conia massime generali, valide per l’archetipo dell’uomo: parla come se esistesse un’unica specie. Il politico ha un compito più difficile: conciliare le esigenza della diversità, trattando ciascuno individuo per quello che è, trovando un comune denominatore tra gli uomini, così da governarli facendoli convivere in pace e prosperità. Lo diceva Hanna Arendt, famosa giornalista e scrittrice, in suo libro dal titolo emblematico: “Politica”. Un testo basilare che si dovrebbe adottare nelle scuole superiori, per farlo leggere e commentare dai giovani, soprattutto se i nostri governanti consentiranno realmente il voto ai sedicenni. Chi vota, infatti, dovrebbe avere almeno una larvata idea di cosa sia la politica, di quali compiti essa assolva e delle modalità attraverso le quali si costruisce il bene comune garantendo la pace sociale sotto l’imperio delle leggi. Purtroppo così non è. La dissoluzione dei partiti classici, soppiantati, oggi, da pseudo movimenti personali privi di precisi orientamenti culturali, valoriali e storici, ha cancellato ogni barlume di conoscenza e di differenziazione programmatica. In un contesto del genere, avvilito dal trasformismo e dal qualunquismo non sarebbe male, pertanto, (ri)formare i futuri elettori reintroducendo in loro almeno il senso della partecipazione civica alla vita politica della Nazione. Un buon viatico, per dirla tutta, in grado di aiutare la gente a distinguere la politica dalla demagogia, i politici dai politicanti, le buone idee da quelle fasulle e gli interessi generali dai traffici personali. Prendiamo ad esempio la nostra regione, la Campania, terra di problemi atavici e di nuove emergenze che si appresta a rinnovare il proprio “governo”. Quanti saranno gli elettori che, tra pochi mesi, si recheranno alle urne con cognizione di causa dei progetti, delle proposte e dei programmi (ma anche della loro fattibilità), che ciascun schieramento metterà sul tavolo? Credo saranno pochi e, di converso, saranno molti quelli che voteranno l’amico, il conoscente oppure decideranno per mera “scelta di campo”. Chi conosce la realtà dell’emergenza (e dell’urgenza!) ambientale che pure assilla le nostre terre? C’è consapevolezza della reale portata del danno immediato (tossicità) e di quello a lunga durata (nocività) che i roghi velenosi procurano alla salute dei cittadini? C’è qualcuno che si si sia mai preoccupato di accertare la reale portata e la natura dell’avvelenamento delle popolazioni esposte? Da anni si cerca di risanare l’ambiente e questo va bene, ma si trascura, colpevolmente, di risanare prioritariamente le persone! Dopo aver fatto centinaia di scavi e sondaggi alla ricerca delle fonti di inquinamento macroscopico (leggi fusti interrati), chi ha, oggi, la consapevolezza che l’inquinamento da combattere sia, prioritariamente, quello di tipo microscopico, ovvero genetico? A chi chiedere se i metalli pesanti, le sostanze chimiche (diossine e polveri sottili) sono gli agenti tossici e nocivi che favoriscono, dopo anni, l’insorgere di patologie tumorali ed altre sindromi patologiche? Una tara tossica che si tramanda di padre in figlio attraverso i gameti maschili (spermatozoi), generando alte percentuali di maschi sterili e/o coppie infertili con la conseguente l’adesione a costosi trend di utilizzo dei sistemi di procreazione medico assistita! Eppure non un rigo non una parola sono stati spesi finora su queste vere emergenze!! E questo nonostante la genetica e la tossicologia ci rivelino che da un solo rogo di rifiuti si sprigionano quantità di inquinanti microscopici comparabili con quelle provenienti da molti mesi di funzionamento di un moderno impianto di termo-valorizzazione. Purtroppo l’inquinamento microscopico ha effetti tossici abbastanza lievi nell’immediato, ma molto più nocivi a lungo termine. Un rapporto tra causa ed effetto troppo distante nel tempo (anche lo spazio di una generazione), per poter essere rilevato con certezza. E tuttavia esiste il progredire delle conoscenze e dei meccanismi di comprensione dei fenomeni che già evidenziano rapporti stretti tra inquinamento e danno alla salute. Un politico serio si aggrapperebbe alla modernità delle conoscenze scientifiche applicando, con ponderazione, il principio di precauzione che tuteli dal rischio prima che riparare poi il danno. Un politicante, invece, crede a quel che gli conviene elettoralmente. Ed è per questo che dopo decenni siamo ancora al palo. Distrutta l’agricoltura campana, deprezzata dal considerare tossici i prodotti agro alimentari, aspettiamo di distruggere le future generazioni con la stessa superficialità, l’insipienza dei controlli, la furbizia spicciola di politicanti che indossano l’abito da politico navigato. Pessima stoffa riciclata, panno di Prato che pensa d’essere fumo di Londra.