Grazie a una innovativa terapia sperimentale – una nanoparticella biodegradabile e iniettabile contenente il glutine – pazienti con celiachia hanno potuto mangiare glutine per 2 settimane senza risentirne a livello intestinale. È il risultato ottenuto in una sperimentazione clinica di fase II condotta presso la Northwestern Medicine che sarà resa nota in occasione della conferenza “European Gastroenterology Week” in corso a Barcellona. Attraverso il “nanodispositivo” il paziente impara a riconoscere il glutine come una sostanza innocua e in questo modo evita reazioni autoimmuni. La celiachia è una malattia autoimmune: il sistema immunitario dei pazienti riconosce come “nemico” la principale componente proteica del grano, il glutine, e sferza una reazione autoimmune che danneggia le pareti intestinali.
Secondo quanto riferito di recente in occasione del Convegno Annuale “The Future of Celiac Disease” dell’Associazione Italiana Celiachia, un nuovo studio italiano indica che il numero di pazienti è in crescita, specialmente in alcune aree metropolitane, e sta sfiorando il 2%, portando il numero complessivo dei casi vicino ad un milione. Alla luce dei nuovi dati, i casi diagnosticati a oggi sarebbero appena il 20% del totale. Mancano all’appello molti pazienti che avendo sintomi meno evidenti si trascinano per anni senza una diagnosi corretta: infatti, se da un lato nei bambini con sintomi classici la diagnosi può arrivare anche prima di due anni di vita, in molti adulti con segni meno usuali si può aspettare anche più di 6 anni. A oggi, di fatto, chi soffre di celiachia può tenere a bada la malattia solamente evitando di ingerire cibi contenenti glutine.
Il nuovo studio Usa promette invece una cura risolutiva. Gli esperti hanno creato questa nanoparticella che si comporta come un cavallo di Troia: iniettata nel sangue dei pazienti, mette specifiche cellule immunitarie – i macrofagi – a contatto con il glutine che custodisce al suo interno; i macrofagi, poi, a loro volta avvertono altre cellule immunitarie dell’innocuita’ della proteina del grano, e ciò evita reazioni avverse. In pratica si crea tolleranza immunologica al glutine (o desensibilizzazione). Nei test clinici i pazienti trattati hanno potuto consumare glutine per 14 giorni senza avere nessuna reazione infiammatoria autoimmune nell’intestino, come avviene invece ogni qualvolta un soggetto celiaco consuma glutine.
L’esperto: “È uno studio del tutto innovativo – afferma in un commento Giovanni Cammarota,associato di Gastroenterologia del Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia della Fondazione Policlinico A Gemelli IRCCS, Università Cattolica di Roma – una specie di desensibilizzazione al glutine, simile all’approccio in uso oggi con alcune allergie. È chiaro che questo è uno studio pilota che andrà ulteriormente verificato su più pazienti e per una durata maggiore del follow up (14 giorni sono pochi) – continua Cammarota – bisognerà vedere se l’approccio potrà funzionare nella pratica clinica, ma di certo – ribadisce l’esperto in conclusione – si tratta di metodo innovativo, e rappresenta senz’altro un modo alternativo alla modalità attuale di trattamento che è la dieta priva di glutine”.