Primo: sono donne. Secondo: amano gli animali. Terzo: sono determinate a salvarli.Donne di ogni tipo, di ogni estrazione sociale, laureate e non, appartenenti a culture e religioni diverse. Donne che traggono la loro forza dall’essere per natura “madri” quindi rivolte ad accogliere la vita e ad occuparsi dell’altro. Donne coraggiose che hanno dedicato la vita agli animali. Donne che salvano animali perché hanno scelto di non fermarsi davanti a nulla e, grazie a loro, sono nate associazioni, fondazioni e collaborazioni con istituzioni che hanno permesso di salvare la vita di decine di migliaia di animali. Sono eroine dei tempi moderni: alcune di loro sono state minacciate, altre hanno rischiato o perso la vita, altre ancora si sono giocate la salute. Le loro storie sono un mix di avventura e dedizione, di coraggio e determinazione. Un modello per le giovani ambientaliste e future scienziate.
Jill Robinson, contro la crudeltà sugli orsi
Quando Jill Robinson, 25 anni fa, vide per la prima volta un orso della luna incatenato in gabbia arrugginita in Cina – una femmina, che poi chiamò Hong – ne fu sconvolta. Da quel giorno con la sua Animals Asia è in prima linea per dare una seconda vita a questi animali, imprigionati per estrarrne la bile tanto ricercata dal mercato della medicina tradizionale asiatica. «Hong – racconta Jill – ha lasciato nel mio cuore un’impronta indelebile. Da allora, nel suo nome, sono state salvate centinaia di vite». Nata in Inghilterra e arrivata a Hong Kong nel 1985, Jill ha lavorato 15 anni come consulente per l’International Fund for Animal Welfare. Ha fondato Animals Asia nel 1998, quattro anni dopo l’incontro con l’orsa, ha creato due santuari in Vietnam e in Cina e firmato nel 2017 un accordo con l’amministrazione forestale vietnamita per porre fine alla produzione di bile entro il 2020, Jill ha salvato oltre 600 esemplari di orsi che ora vivono felicemente reintrodotti in natura.
Gill Dalley, e la sua lotta per i cani
Durissima, ma densa di grandi risultati, la vita di Gill Dalley, inglese di Leeds che dopo un romantico viaggio di nozze con il suo John a Phuket nel ‘96, decide nel 2004 di trasferirsi nell’isola per dedicarsi alla battaglia contro il randagismo e il commercio di carne di cane, che nel sud est asiatico fa milioni di vittime ogni anno per imbandire le tavole dei ristoranti tradizionali. Fonda insieme a Margot Homburg la Soi Dog Foundation e dedica 24 ore al giorno alla loro missione, fino a quando Gill, nel tentativo di salvare un cane dall’affogamento, contrae una rara forma di setticemia. Dopo sei settimane di coma le vengono amputate entrambe le gambe. Ma lei non molla: «Avrei potuto perdere la vita – diceva – invece ho perso solo le gambe e posso continuare a fare il lavoro che amo». Ma il 2004 è anche l’anno dello tsunami che sconvolge l’Asia e fa migliaia di morti. La Soi Dog salva centinaia di animali feriti e si trasforma in una grande realtà umanitaria che attrae decine e decine di volontari da tutto il mondo.
Negli anni riesce a sterilizzare più di 150 mila cani e gatti, aprendo per loro un santuario nel cuore dell’isola, dove vivono amati e curati, in attesa di adozione. Prima di morire Gill, che un cancro feroce si porterà via a febbraio del 2017, riesce ad inaugurare il più grande ospedale veterinario dell’Asia dove gli animali vengono curati gratuitamente in una struttura di assoluta eccellenza e che, in ricordo della sua forza e determinazione, porta il suo nome.
Dian Fossey, il coraggio di una donna
Modello di tempra e abnegazione totale è anche Dian Fossey, la donna che tutti ricordano interpretata da Sigourney Weaver nell’indimenticabile Gorilla nella nebbia. Uccisa il 26 dicembre 1985, ha pagato con la vita la sua lotta per la difesa dei gorilla di montagna. Il suo assassino rimane ancora sconosciuto, anche se il movente dell’omicidio sembra rimandare al traffico di animali selvatici gestito dai bracconieri al quale si era opposta con fermezza e coraggio per tutta la vita. Californiana di San Francisco, nel settembre del 1967 istituì il Karisoke Research Center sulle montagne del Virunga in Ruanda, prendendo un prestito in banca. Lì trasformò l’osservazione dei suoi amati gorilla nello studio scientifico sugli animali più lungo che sia mai stato realizzato. «Ho imparato ad accettare i gorilla alle loro condizioni – diceva – e a non spingerli mai oltre i diversi livelli di tolleranza che erano disposti a dare. Ogni osservatore è un intruso nel dominio di un animale selvatico e deve ricordare che i diritti di quell’animale sostituiscono gli interessi umani».
Jane Goodall, una scienziata tra gli scimpanzé
Come la Fossey, anche Jane Goodall subisce la stessa fascinazione per l’Africa e i suoi animali. Nel luglio degli anni ’60, a 26 anni, si arma di taccuini e binocolo e sbarca in Africa. Erano gli stessi anni in cui la Fossey studiava i suoi gorilla e infatti le due si incontrarono perché Dian, appena arrivata, volle conoscerla per documentarsi sui suoi metodi di ricerca. Ed è grazie ai 60 anni di studi che la Goodall dedica agli scimpanzè che abitavano la foresta di Gombe che il mondo impara a conoscere una specie praticamente ancora sconosciuta. La sua scoperta della capacità degli scimpanzè di utilizzare gli strumenti, eleva la Goodall al rango di grandissima scienziata. Oggi ad ogni sua conferenza, viene accolta come una rockstar per sostenere e continuare il lavoro di protezione del suo Jane Goodall Institute.
Daphne Marjorie Sheldrick, una vita per gli elefanti
Una vita completamente dedicata agli elefanti e soprattutto ai cuccioli orfani a causa del bracconaggio, è quella di Daphne Marjorie Sheldrick che nel 1977 fondò, in onore del marito appena scomparso, il David Sheldrick Wildlife Trust a Nairobi, in Kenya che, ad oggi, ha già salvato oltre 240 elefanti orfani, di cui 150 reintegrati in natura. Ma la cosa più importante è che sono 31 i nuovi cuccioli di elefanti nati da esemplari tornati in libertà. Una grande vittoria per l’Africa. Dafne, metà britannica e metà africana, ha praticamente inventato e fatto crescere, in oltre quarant’anni di attività, un metodo di salvataggio dei piccoli elefanti scampati ai bracconieri che si avvale dell’aiuto di unità mobili veterinarie e di sorveglianza aerea. L’allattamento dei cuccioli è stato la sua ossessione fino alla sua morte nel 2018. Per anni ha cercato la formula “magica” del latte che sostituisse quello della madre ormai morta e che i cuccioli potessero digerire. Ci è riuscita, garantendogli in questo modo la sopravvivenza e la crescita. Ora la sua eredità è nelle mani della figlia Angela che, insieme al marito e ai due figli, continua il suo lavoro in Africa.
Sangduen «Lek» Chailert, contro le torture del turismo
Time Magazine l’ha nominata «Eroe dell’Asia» nel 2005. La Ford Foundation l’ha proclamata «Eroe del pianeta» oltre dieci anni fa. Sangduen «Lek» Chailert, nata nella remota comunità montana di Baan Lao nel nord della Thailandia nel 1962, ha dedicato tutta la sua vita agli elefanti e per loro ha aperto l’Elephant Nature Park che ha definito «la mia missione», creando una casa dove potessero sentirsi al sicuro, ricevere amore e stare lontano dagli abusi. Proprio vedere il modo in cui venivano torturati durante gli addestramenti per trasformarli in attrazioni turistiche, aveva scatenato in Lek il desiderio di salvarli. Ora, osservando l’empatia che la lega ai cuccioli di pachiderma che accudisce personalmente, qualcuno l’ha chiamata «la donne che sussurra agli elefanti».