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Mariarca, uccisa dall’ex marito. L’appello il 12 Dicembre

Nella storia di Maria Archetta (per tutti Mariarca), 38 anni, e Antonio, 45 anni, nulla lasciava presagire quello che di lì a poco sarebbe stato considerato uno dei casi più cruenti di femminicidio del 2017. Tutto era iniziato come una bella favola d’amore: i due si erano conosciuti e innamorati a Torre Del Greco e, dopo qualche anno di fidanzamento, avevano deciso di sposarsi e costruire una famiglia, sogno coronato dall’arrivo di due bambini, un maschio e una femmina. Nonostante un’insolita e esagerata abitudine al controllo del marito, Mariarca non aveva smesso di credere nella possibilità che sarebbe cambiato e che avrebbe imparato a lasciarsi alle spalle i dubbi e a fidarsi di più di lei e del forte legame che li univa. Ma quella speranza non aveva i presupposti per durare: col passare del tempo, la prepotenza e la gelosia del partner erano ormai diventate abitudine e la 38enne non aveva più voglia di vivere una vita che l’avrebbe condannata a essere l’ombra di un uomo completamente diverso da quello di cui si era innamorata. Realizzazione che l’aveva portata a chiedere la separazione e a prendere la drastica decisione di trasferirsi lontano da casa, a Venezia, dove aveva trovato lavoro come commessa. Era pronta per una nuova vita e per ripartire da se stessa, lontano dal dolore che le avevano causato la morte del padre, malato di cancro, e la fine della storia con Antonio.

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Secondo le ricostruzioni emerse dalle indagini, Ascione, incapace di accettare la separazione dalla moglie e l’idea di non aver più controllo sulla sua vita, l’avrebbe uccisa con cinque coltellate. I numerosi e pressanti tentativi di riconciliazione del marito avevano convinto Mariarca a concedergli una tregua e a provare a riflettere sulla loro storia. Dopo aver lasciato i figli dai nonni, lo aveva invitato a casa, nel piccolo appartamento di Musile del Piave dove si era trasferita. E dove, in preda alla solita mania di controllo, Antonio aveva scoperto sul cellulare dell’ex compagna, messaggi romantici con un nuovo partner. Scintilla che ha innescato il corto circuito che, la mattina del 23 luglio 2017, lo ha portato a trafiggere violentemente la madre dei suoi figli con cinque coltellate. E a consegnarsi, subito dopo, alle autorità: «L’ho uccisa io, venite qui».

il Tribunale ha condannato (in primo grado, con rito abbreviato) Antonio Ascione a 20 anni di carcere. Secondo il giudice, infatti, non c’era stata alcuna premeditazione: l’uomo aveva agito d’impulso, spinto dalla rabbia per quei messaggi trovati sul cellulare dell’ex moglie. Nel marzo del 2019, a due anni dal delitto, l’avvocato dell’omicida ha presentato ricorso in appello contro la sentenza, scatenando la reazione di Assunta Mennella, sorella della vittima e affidataria dei due bambini: «Quale appello, per lui ci vorrebbe soltanto la pena di morte».

Il 12 dicembre prossimo si aprirà  davanti alla Corte d’Assise di Appello di Venezia, il processo in secondo grado sull’omicidio di Maria Archetta Mennella la 38enne originaria di Torre del Greco (Napoli) uccisa il 23 luglio 2017, nella sua casa di Musile di Piave, nel Veneziano, dove si stava ricostruendo una vita dopo la separazione. Per quell’omicidio è stato condannato il marito, il pizzaiolo torrese Antonio Ascione, che attraverso il suo legale ha proposto appello contro la condanna a vent’anni di reclusione che sta scontando nella casa circondariale di Venezia, inflittagli dal giudice Massimo Vicinanza, il 4 ottobre 2018. L’obiettivo della difesa di Ascione è ottenere un ulteriore ribasso della pena attraverso il riconoscimento delle attenuanti generiche, escluse in primo grado, e tramite l’esclusione dell’aggravante della “minorata difesa”. I familiari di Maria Archetta Mennella sono invece difesi dall’avvocato Alberto Berardi in collaborazione con lo Studio3a-Valore.

 

 

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