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L’abuso di antibiotici uccide 10mila italiani l’anno

Sono più di 10mila le persone che muoiono ogni anno in Italia a causa di batteri che resistono agli antibiotici. È il dato più alto dei paesi europei per morti dovuti a questo fenomeno, che in totale nell’UE sono 33mila. È stato l’Istituto Superiore di Sanità a diffondere i dati in occasione della Settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici.

Cosa causa queste morti? L’uso eccessivo e non sempre a proposito di questi farmaci che porta all’antibiotico resistenza. Vale per i medici e per l’autoprescrizione dei pazienti. Il no è all’utilizzo fai da te, come se qualsiasi patologia possa migliorare usando un antibiotico.

Ogni cittadino può fare qualcosa: utilizzare gli antibiotici solo in quelle situazioni in cui il medico lo indichi, non chiedere antibiotici se il medico dice che non servono, non usare gli antibiotici già in casa e che erano stati prescritti per altri o altro. Si aggiungono le norme igieniche di base: lavarsi spesso le mani, preparare in maniera igienica il cibo e vaccinarsi perché la vaccinazione è un sistema per ridurre l’impatto di varie patologie.

Secondo la responsabile della sorveglianza AR-ISS Annalisa Pantosti «gli ultimi dati mostrano che i livelli di antibiotico resistenza e multi-resistenza delle specie batteriche sotto sorveglianza sono ancora molto alti» anche se in lieve calo nel 2018 rispetto all’anno precedente. Tra le regioni le incidenze più alte si registrano in Puglia, Lazio ed Emilia-Romagna, mentre nel 65,2% dei casi i soggetti colpiti da infezioni per antibiotico resistenza sono maschi, tra 60 e 79 anni e ospedalizzati.

Già nel 2025 però potrebbero essere un milione i decessi all’anno in Europa per malattie infettive non più curabili. Secondo alcuni studi nel 2050 per lo stesso motivo potrebbero morire quasi 10 milioni di persone nel mondo. Il problema non è nuovo e non ha frontiere, ma ci sono Paesi dove è più grave e altri dove si è combattuto meglio come nel Nord Europa. Gianluca Corno, che fa parte del gruppo di ecologia microbica del Cnr-Ise di Verbania, studia questo problema da anni e lo ha spiegato a Vanity Fair. «I batteri sono molto capaci di evolversi e di mettere in campo sistemi di resistenza agli antibiotici che sono stati usati male in passato e lo sono ancora oggi».

Per combattere questa resistenza abbiamo tre vie. La prima è quella della consapevolezza, cioè lo spiegare bene come usare bene gli antibiotici. «Se ne usano troppi in medicina umana e veterinaria. C’è sempre, per esempio, un picco quando c’è l’influenza, ma qui gli antibiotici non servono visto che è un virus». Tutte le volte che noi prendiamo un antibiotico produciamo antibiotico resistenza che portiamo poi nel mondo. Vale per uomini e animali.

La seconda via è lo sviluppo di nuovi antibiotici, ma gli investimenti, anche cospicui fatti in questo senso non hanno dato grandi risultati. La terza è quella della ricerca: cercare di capire perché i batteri sviluppano la resistenza ed eliminarla in quelli patogeni umani che sono quello che a noi interessano perché portano malattie all’uomo. Per aiutare la ricerca però bisogna seguire le buone regole come concludere il ciclo dell’antibiotico «perché se non concludo la cura non finisco il batterio e gli permetto di diventare resistente» e vaccinarsi perché «non prendere una malattia, porta a non dover prendere un antibiotico e non provoca nessuno sviluppo di resistenza».

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