Berlino, l’incontro con i leader europei ha portato la Libia ad imboccare un porto sicuro, palesando due principi fondamentali, consolidare la tregua con un cessate il fuoco stabile, duraturo e monitorato da comitati tecnici e retto dall’embargo sulle armi.
Il tutto servirebbe a condurre la Libia a nuove elezioni e un nuovo Governo «unico, unificato, inclusivo ed effettivo». A termine dei lavori sono state stilate circa sei pagine, articolate in sette titoli e 55 punti. Le conclusioni della Conferenza di Berlino sulla Libia disegnano un percorso, sotto l’egida delle Nazioni Unite per accompagnare il paese nordafricano fuori dalla crisi, garantendo, un «forte impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’integrità territoriale e l’unità nazionale». Senza ingerenze, è il senso della dichiarazione, che precisa come «soltanto un processo politico guidato dai libici e dei libici può porre fine al conflitto e portare a una pace duratura».
Il documento emerso, si presenta in modo corposo e ben strutturato, che affronta anche i nodi economici e strutturali del paese, in particolare il capitolo diritti umani e quel follow up necessario perché il percorso prosegua. Alcuni passaggi principali delle conclusioni: per il cessate il fuoco: «tutte le parti devono cessare le ostilità dismettendo le armi pesanti, l’artiglieria, i mezzi aerei e tutti i movimenti militari o quelli in supporto nell’intero territorio libico». Questo compito ricade nelle mani delle Nazioni Unite che ha il compito di agevolare i negoziati per la tregua, monitorare e verificare la tenuta attraverso l’immediata creazione di «comitati tecnici». Il secondo punto, tratta l’embargo delle armi previsto dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Assieme a un appello a tutti gli attori coinvolti nel sanguinoso conflitto affinché si astengano da «attività che aggravino la guerra o non siano conformi con l’embargo sulle armi o il cessate il fuoco, incluso il finanziamento di capacità militari o il reclutamento di mercenari». Il documento chiede anche l’applicazione delle sanzioni dell’ONU contro coloro che «violino l’embargo sulle armi o il cessate il fuoco». Fondamentale risulta essere l’accordo raggiunto alla Conferenza nella capitale della Germania è il ritorno al processo politico. Si tratta del secondo passo da mettere in campo dopo il raggiungimento della tregua. La richiesta verte sulla «creazione di un Consiglio presidenziale funzionante e di un singolo, unitario, inclusivo ed effettivo Governo nazionale libico approvato dal Parlamento». Al quarto punto delle conclusioni si fa riferimento alla riforma del settore della sicurezza, con la quale viene chiesto il ripristino del monopolio dello Stato sull’uso legittimo della forza e sostegno alla creazione di forze nazionali libiche di sicurezza, di polizia e militari sotto il controllo centrale dell’autorità civile.
Per quanto riguarda le riforme economiche e finanziare, le intese propongono l’istituzione di una Commissione di esperti per rilanciare il paese e ribadire che è legittimata solo la National Oil Corporation (NOC, di fatto la compagnia petrolifera nazionale della Libia). Si chiede che tutte le parti continuino «a garantire la sicurezza delle infrastrutture petrolifere, rigettando ogni azione mirata a danneggiarle» Uno dei punti che pongono al centro, il buon esito della conferenza stessa è il rispetto dei diritti umani, dove si «sollecita a rispettare pienamente il diritto internazionale umanitario e i diritti umani, a proteggere i civili e le infrastrutture civili». Prevedendo anche la graduale chiusura di tutti i centri di detenzione.
L’ultimo capitolo riguarda il cosiddetto follow up. In questa nuova era scritta a Berlino, si riafferma il ruolo determinante dell’ONU e un più forte impegno della UNSMIL “la Missione di sostegno delle Nazioni Unite nel Paese Nordafricano” nel processo di pace, è prevista la creazione di un Comitato Internazionale di Raccordo per seguire il medesimo processo per porre fine al conflitto. Con questo documento la Libia pone in essere le basi per una ripresa direzionata verso una stabilità del Paese che è stato dilaniato nel contempo dalle fazioni in lotta.
A cura di Raffaele Fattopace