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Un nuovo Iraq, un nuovo mondo

L’Iraq è nel caos, insanguinato da un nuovo esercito combattente, che si dichiara estraneo ad al-Qaeda ma che opera con l’obiettivo ultimo di instaurare uno stato islamico nel Paese che fu di Saddam Hussein.

Hanno fatto il giro del mondo le immagini delle esecuzioni sommarie di soldati dell’esercito iracheno da parte degli uomini dellIsil, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, le cui azioni hanno avuto un nuovo effetto destabilizzante all’interno del Paese che, dai tempi dell’invasione voluta dall’amministrazione di George W. Bush, non ha mai più trovato pace né stabilità, per quanto l’intento nobile della guerra al terrorismo transazionale, intrapresa subito dopo gli attentati al World Trade Centre, fosse, nel caso iracheno, la liberazione dalla dittatura, l’emancipazione sulla strada della democrazia.

Nei territori dell’antica Mesopotamia, il Paese tra i due fiumi, il Tigri e l’Eufrate sono in atto rivolgimenti il cui esito finale è difficile da prevedere, considerato il complesso profilo dell’Iraq e il contesto regionale in cui esso è calato, segnato da una marcata instabilità e attraversato da spinte contrastanti. Il direttore dell’agenzia di stampa irachena Aswat al-Iraq, Zuhair al Jezairy, sostiene, a ragione, che quello in atto nel suo Paese e in tutta l’area sia un processo di trasformazione profonda destinato a rivoluzione la geografia politica del Medio Oriente.

Un processo di lunga durata, che sta portando a compimento le contraddizioni insite in una vicenda storica più che secolare e che ha trovato nelle cosiddette primavere arabe, che sono state, in realtà, vere e proprie rivoluzioni, un forte catalizzatore, un elemento al tempo stesso destabilizzante e determinante.

Sull’altra sponda del mare di mezzo questi processi sono, purtroppo, derubricati a fatti di cronaca di guerra, notizie provenienti da fronti lontani rispetto ai quali il disinteresse resta forte, se non altro per il grande senso di impotenza che caratterizza l’atteggiamento del mondo occidentale. Un mondo che, invece, dovrebbe imparare a prestare un’attenzione differente, più sistematica e costante rispetto a fenomeni che interessano parti del globo verso le quali si sta definitivamente spostando il baricentro degli equilibri politici, sociali e, per altre aree in particolare, economici del nuovo millennio. Non solo e non tanto per la cruenza delle immagini o l’efferatezza degli scontri. Ma perché di tratta di eventi calati in un contesto complessivo che vede calare il peso e l’importanza degli antichi centri del potere, costretti a confrontarsi con la fluida mobilità di un mondo multipolare di cui essi sono una parte, non più il tutto e nemmeno il centro di una sintesi che, oggi, va definendosi su nove basi e nuovi fondamenti.

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